Nell’anno 1952 usciva un’importante testo del gesuita svizzero Hans Urs von Balthasar. Il nome di questo testo era Abbattere i bastioni. La tesi che il libro presentava faceva riferimento alla situazione della Chiesa di quel tempo, la Chiesa di Pio XII, era che la Chiesa non dobeva trincerarsi nella sua fortezza, ma avrebbe dovuto aprirsi con fiducia al mondo.
Sembra di poter dire che le idee del gesuita svizzero, poi Cardinale, furono ascoltate di lì a poco con l’indizione del Concilio Vaticano II e con l’aggiornamento promosso da Giovanni XXIII e portato a compimento da Paolo VI. Tutta la fase che parte dal Vaticano II e che giunge fino a noi non va affrontata in modo asettico, come se essa fosse stata una marcia trionfale che dal 1962 ci conduce ai nostri tempi. Anzi, dobbiamo riconoscere che molti problemi sono sorti, problemi che a tutt’oggi sono ancora irrisolti e forse, bisogna accettarlo, mai si potranno risolvere.
Dopo più di 70 anni, se von Balthasar dovesse riscrivere questo libro, forse dovrebbe specificare meglio la sua tesi e non concentrarsi tanto e solamente su quello che impedisce alla Chiesa di aprirsi all’esterno, ma soprattutto quello che impedisce alla Chiesa di essere veramente quello che tutti si aspettano da lei. Il problema in questo caso è di tipo mentale, purtroppo molto tra il clero non servono la Chiesa-mistero, ma la Chiesa-sistema, cioè sono preoccupati di garantire la sopravvivenza di quel sistema di connivenze che garantisce la loro posizione e i loro privilegi. Sia chiaro, ci sono santi sacerdoti che non cadono in questo terribile errore, ma la malattia purtroppo è molto diffusa, e si dispera di salvare il paziente (da parte nostra, ma per fortuna la Chiesa non è nostra).
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