Aurelio Porfiri
Che musica maestro?
Musica, liturgia e dintorni
Presentazione di don Gilberto Sessantini
Mi è capitato spesso di ascoltare persone che in buona fede giustificano certe iniziative ecclesiastiche, compreso l’uso della musica simil commerciale nella liturgia con la giustificazione che “bisogna evangelizzare nei tempi che viviamo”.
Ora, questa frase sembra inattaccabile. Del resto, dove dovrebbe svolgersi l’evangelizzazione se non nel tempo che viviamo? Eppure l’intenzione di molti che usano questa frase è sbagliata, perché non distinguono nella contemporaneità quello che è buono all’evangelizzazione da quello che non lo è.
Del resto san Paolo nella prima Lettera ai Tessalonicesi lo aveva detto bene: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male”. E a me queste parole di san Paolo mi sembrano abbastanza chiare e certamente non invitano a tirare dentro tutto, ma solo ciò che è buono. Ora, è utile usare stili commericiali (che richiamano tutto ciò contro cui la Chiesa dovrebbe combattere) per annunciare il Vangelo? Credo ognuno sa la risposta. Questa non è una soluzione del problema, ma è parte del problema.
Ecco perché in passato chi faceva musica in Chiesa era preparato e veniva sostenuto dalla Chiesa stessa, non si trattava di persone di buona volontà (scusate: amate dal Signore) che ovviamente spesso non hanno i mezzi culturali ed estetici per giudicare cosa è buono e cosa non lo è.
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