Liturgia e musica sacra

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Divo Barsotti e la liturgia/ Il primato della bellezza (4)

Divo Barsotti e la liturgia/ Il primato della bellezza (4)

Aurelio Porfiri

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Aurelio Porfiri
nov 12, 2024
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Divo Barsotti e la liturgia/ Il primato della bellezza (4)
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Non è possibile darsi pace quando l’anima si dibatte inquieta. No, non è possibile. Perché il nostro cuore batte sempre più forte quasi a coprire i rumori del mondo? Cosa cerchiamo? La risposta a queste questioni e a questi interrogativi è parte della fatica di vivere. Ma c’è una medicina che può curare questi mali, che può lenire il dolore, che può posarsi sul cuore in tormento come una carezza su un viso amico? C’è, ed è qui con noi ma spesso noi non la valutiamo abbastanza: la bellezza.

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Ecco, si dirà, ancora con il discorso che la liturgia (per venire al nostro tema) deve essere bella, che la musica deve essere di un certo tipo, che l’arte offre un servizio prezioso...non vi preoccupate, non è questo che per me è ora importante affermare. Queste, mi spiego meglio, sono risposte. Ora, con l’aiuto di Divo Barsotti, andiamo a scavare le domande. È  il modo di porre le domande che spesso non funziona, dobbiamo riscoprire quella capacità di domandarci e domandare, come forse osserverebbe il filosofo tedesco Hans-Georg  Gadamer; ecco, aggiungo, la capacità di far sanguinare le parole. Questa è una capacità importante perché il sanguinamento non è solo indice di un malessere ma è anche segno che qualcosa si è liberato. E in effetti quando le parole sanguinano, oltre al dolore sentiamo un senso di comprensione molto più profondo. In fondo è questo che fa la bellezza, ci introduce in un modo tutto speciale alla realtà e ci apre porte che altrimenti per noi resterebbero sempre chiuse. Il rapporto tra liturgia e bellezza non è casuale, ma essenziale. Uno studioso intrigante come don Marco Campedelli, impegnato anche come burattinaio ma pure dottore in teologia e liturgia, ha chiamato un suo libro che tratta della poetica della liturgia, La ferita e il canto. Un bel titolo, in effetti. Questo per dire, aggiungo io, che la liturgia è quella ferita da cui sgorga il canto e tutto questo avviene nel segno della bellezza. Umberto Eco, nel suo libro Arte e bellezza nell’estetica medievale, diceva quanto segue:

“È nota la polemica condotta dai cistercensi e dai certosini, specie nel XII secolo, contro il lusso e l’impiego di mezzi figurativi nella decorazione delle chiese: seta, oro, argento, vetrate colorate, sculture, pitture, tappeti sono rigorosamente banditi dallo statuto cistercense (Guigo, Annales, PL 153, coll. 655 sgg.). Bernardo, Alessandro Neckman, Ugo di Fouilloy si scagliano con veemenza contro queste superfluitates che distolgono i fedeli dalla pietà e dalla concentrazione nella preghiera. Ma in tutte queste condanne la bellezza e la piacevolezza degli ornamenti non viene mai negata: viene anzi combattuta proprio perché se ne riconosce l’attrattiva invincibile, non conciliabile con le esigenze del luogo sacro. Ugo di Fouilloy parla al proposito di mira sed perversa delectatio, di un piacere meraviglioso e perverso. Il perversa, come in tutti i rigoristi, è dettato da ragioni morali e sociali: ci si chiede cioè se si debba decorare sontuosamente una chiesa quando i figli di Dio vivono nell’indigenza. Ma il mira manifesta un assenso indiscusso alle qualità estetiche dell’ornato”.

La bellezza può essere combattuta, ma non negata, perché essa si fa evidente a tutti noi, qualche sia l’atteggiamento che vogliamo prendere su di essa.

Insomma, volenti o nolenti, con la bellezza dobbiamo sempre fare i conti e ancor più questo è importante nella liturgia, proprio perché nella situazione in cui oggi ci troviamo possiamo ben comprendere che cosa sono le liturgie senza bellezza e come questa mancanza non degradi solo la dignità della liturgia ma degradi anche chi vi partecipa. Quindi riflettere sulla via pulchritudinis nella liturgia non è solo una necessità, ma è soprattutto un dovere.

Affidiamoci, dunque, a Divo Barsotti. In uno dei suoi libri più intensi, La fuga immobile, già ampiamente citato in precedenza, troviamo una frase che non possiamo lasciare andare senza conseguenze: “Il cristiano deve essere ancora il rivelatore del primato della bellezza” (pag. 122). Che significa quell’”ancora”? Perche’ ci viene detto che deve essere il rivelatore? E cosa è questo primato della bellezza?

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