Vi è mai capitato di vivere o di soggiornare in un paese che non tiene in conto Dio come noi lo conosciamo? O che per larga parte non ha ancora incontrato Gesù Cristo? Certamente la nostra Europa somiglia sempre di più a questa situazione: pur se non apertamente, ma Dio e le pratiche religiose sono sempre più relegate nel privato o scambiate per questo o quel dibattito in cui interviene “la Chiesa”. Ora, la mia esperienza in questo senso è un poco più singolare delle persone che hanno soltanto una esperienza europea.
Per molti anni ho vissuto in Cina, insegnando tra Macao, Hong Kong e Shanghai. Mentre Macao e Hong Kong, per ragioni storiche, hanno conosciuto una maggiore libertà religiosa, a Shanghai (e in tutta la Cina continentale) in effetti, il problema del rapporto con il fatto religioso ha conosciuto, negli ultimi 75 anni, sviluppi drammatici. A tutt’oggi, la situazione è tutt’altro che risolta, pur se si cerca di stabilire una convivenza, con iniziative come quella dell’accordo provvisorio tra governo cinese e Santa Sede, che non è certamente senza problematiche importanti ed oppositori da una parte e dall’altra.
Lasciando stare le questioni politiche, troppo grandi e complesse, vorrei un attimo soffermarmi sulla gente comune, quelli come noi che la mattina attraversano la strada e che aspettano alla posta il loro turno. Quando camminavo per le strade Shanghai, e vedevo questa gente che per la maggior parte vive al di fuori dell’esperienza religiosa come noi la concepiamo (o la concepivamo), quella del contatto con un Dio personale, mi facevo alcune domande. Non giudicavo nulla e nessuno, sia detto chiaramente che amo e apprezzo la cultura di questo popolo e, in un senso che forse sarà difficile da comprendere per chi non conosce la mia storia, mi sento anche parte di esso. Ma la domanda su Cristo, su cosa egli sia per chi mi circondava, questa non la potevo eludere.
Mi era capitato di parlare con alcuni ragazzi del luogo, scoprendo che essi ignoravano completamente la figura di Gesù Cristo e questo non era sorprendente, se si conosce la storia di questo popolo. Allora la mia riflessione si faceva diversa: non cosa era Cristo per loro, ma cosa erano loro per Cristo. L’atto che si compie nella celebrazione in qualche modo li riguarda, li deve riguardare? In che modo misterioso entra tutto ciò nel piano salvifico?
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