Quando si parla dei Papi e della musica, la mente va subito e naturalmente alle direttive in materia di musica liturgica, al canto gregoriano e al suono dell’organo. Questa tendenza istintiva è giustificata e comprensibile. C’è da dire però che spesso i romani pontefici hanno anche parlato a riguardo della musica in sè, non necessariamente legata al momento liturgico-rituale. Essi hanno riconosciuto la sua importanza nella vita dell’essere umano e nella loro propria personale esistenza.
Il secolo XX si apre con san Pio X, di cui sappiamo come venisse definito “riformatore della musica sacra” grazie al suo fondamentale Motu Proprio programmatico “Tra le sollecitudini” del 22 novembre 1903. Con questo documento intendeva riportare la musica per la liturgia sui binari di una maggiore consapevolezza della sua funzione rituale, in contrasto con la musica di sapore teatrale che si ascoltava allora nelle chiese. Fu senz’altro un Papa amante della musica, specialmente della musica liturgica. Anche da giovane prete si preoccupò di fare in modo che nelle chiese a lui affidate il canto liturgico fosse degno, un canto liturgico che a volte lui stesso insegnava.
Per il successore, Benedetto XV, abbiamo un discorso all’allora Scuola Pontificia Superiore di Musica Sacra del 16 maggio 1918 in cui, tra le altre cose, affermava come avesse a cuore che la musica sacra potesse essere una elevazione dell’anima a Dio, come giustamente dovrebbe essere.
Ora occupiamoci di Pio XI. In una bolla del 20 dicembre 1928, “Divini Cultus Sanctitatem” il pontefice ritorna sul tema della musica liturgica sulla scia del Motu Proprio di san Pio X, reiterando l’importanza della educazione artistica dei giovani che si apprestano agli studi per il sacerdozio. Nella lettera decretale “Geminata Laetitia”(1 aprile 1934) con cui viene proclamato santo don Giovanni Bosco afferma: “coronò con l’insegnamento della musica l’educazione artistica dei giovani, e adottò nei suoi laboratori i macchinari più moderni e perfetti”. Bella questa immagine della musica come coronamento della formazione artistica. Questo sembra adombrare l’insegnamento della classicità greca sulla musica come strumento di educazione morale; per questo motivo Platone spesso metteva in guardia sui pericoli che da essa potevano derivare.
Pio XII, Eugenio Pacelli, era un buon violinista, così si può dire a ragione che aveva un particolare interesse per l’arte musicale. Nella fondamentale enciclica Mediator Dei si occupa di musica, sempre in connessione con la liturgia. Qualcosa di più centrato sulla musica in se stessa troviamo nell’enciclica sulla musica sacra Musicae Sacrae Disciplina del 25 dicembre 1955, il quale dice che la musica
“contribuisce al gaudio spirituale e al diletto dell’animo. A ragione così scrive di essa Agostino: “La musica, cioè la dottrina e l’arte del ben modulare, a monito di grandi cose è stata concessa dalla divina liberalità anche ai mortali dotati di anima razionale””.
La citazione, tratta all’epistola 161 del grande santo, ci riporta alla doppia dimensione della musica, concessa per il gaudio dello spirito e il diletto dell’animo ma pure diretta all’anima razionale.
Paolo VI, in un discorso ai partecipanti alla manifestazione “Un colore al mondo” del 16 aprile 1971 diceva che chi si dedica alla musica, infonde “il senso della speranza, il sano ottimismo, il calore della fratellanza umana e cristiana”.
Nel Messaggio per la VII giornata delle comunicazioni sociali del primo maggio 1973, il Papa apre al tema della musica (con altre arti) come mezzo di diffusione del messaggio di verità, bontà e bellezza, cioè del messaggio cristiano. In occasione del quinto centenario della nascita di Michelangelo (29 febbraio 1976) il Papa dichiarava in una Omelia:
“Cioè l’arte, specialmente l’arte, come ogni attività umana, deve essere tesa in uno sforzo di sublimazione, come la musica, come la poesia, come il lavoro, come il pensiero, come la preghiera, deve rivolgersi in alto”.
L’arte (e quindi la musica) come purificazione.
Veniamo a Giovanni Paolo II. Non era certamente un musicista nel senso tecnico del termine, ma sappiamo che nella sua gioventù amava condurre il coro di canto gregoriano della sua parrocchia in Polonia. Ce lo dice George Weigel, nel suo Testimone della speranza, in cui ci racconta come il giovane Wojtyla insegnasse il canto gregoriano ai giovani studenti a lui affidati. Nel maggio del 1951 questo coro cominciò a cantare per la prima volta eseguendo la Messa de Angelis. E il giovane Karol tentò anche di coinvolgere delle studentesse in questa esperienza. Insomma, la musica faceva certo parte del mondo di Karol Wojtyla, lui che era attore e drammaturgo sicuramente aveva per la stessa musica una sensibilità molto particolare. Durante l’Udienza del 17 settembre 1980, da Papa dunque, salutando un gruppo musicale proveniente dal Giappone dichiarava:
“Attraverso la musica il cuore è innalzato al Creatore di tutte le cose, e quindi non c’è da meravigliarsi se la musica è stata curata e promossa nei templi del vostro paese”.
La musica, espressione di bellezza, ci riporta e richiama alla bellezza originaria, al Creatore. La nostra partecipazione è possibile per l’Incarnazione di Gesù, Figlio di Dio che ha assunto la natura umana e redento tutte le cose.
Papa Benedetto XVI non era solo un’amante della musica, ma era anche un musicista, un appassionato pianista. Alla musica aveva dedicato pagine anche nel suo precedente “mestiere” di cardinale. Da Papa aveva spesso parlato della musica, anche rievocando la sua personale esperienza con essa:
“Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Iddio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia. Ringrazio anche le persone che, fin dai primi anni della mia infanzia, mi hanno avvicinato a questa fonte di ispirazione e di serenità. Ringrazio coloro che uniscono musica e preghiera nella lode armoniosa di Dio e delle sue opere: essi ci aiutano a glorificare il Creatore e Redentore del mondo, che è opera meravigliosa delle sue mani. Ecco il mio auspicio: che la grandezza e la bellezza della musica possano donare anche a voi, cari amici, nuova e continua ispirazione per costruire un mondo di amore, di solidarietà e di pace” (16 aprile 2007, in occasione di un concerto offerto per gli 80 anni del Papa).
Parole ancora più impegnative in occasione di un altro concerto offerto in suo onore:
“La musica, di fatto, ha la capacità di rimandare, al di là di se stessa, al Creatore di ogni armonia, suscitando in noi risonanze che sono come un sintonizzarsi con la bellezza e la verità di Dio – con quella realtà che nessuna sapienza umana e nessuna filosofia possono mai esprimere” (4 settembre 2007).
Quindi, in questa riflessione del Papa e in contrasto anche con la tradizione hegeliana, la musica (e l’arte), quando è veramente grande arte, è una sapienza superiore alla sapienza umana. Che grande responsabilità per ogni artista!
Di papa Francesco e la musica non esistono moltissimi riferimenti, ma alcuni si possono raccogliere. Sappiamo comunque che il Pontefice ama la musica, specialmente l’Opera lirica.
Per esempio un discorso del 2021 ad alcuni partecipanti per un convegno di musica sacra:
“Un buon musicista conosce il valore del silenzio, il valore della pausa. L’alternanza tra suono e silenzio è feconda e permette l’ascolto, che ha un ruolo fondamentale in ogni dialogo. Cari musicisti, la sfida comune è di ascoltarci a vicenda. Nella liturgia siamo invitati all’ascolto della Parola di Dio. La Parola è il nostro “testo”, il testo principale; la comunità il nostro “contesto”. La Parola è fonte di senso, illumina e guida il cammino della comunità. Sappiamo quanto sia necessario narrare la storia della salvezza in idiomi e linguaggi che si possano ben comprendere. Anche la musica può aiutare i testi biblici a “parlare” nei nuovi e differenti contesti culturali, così che la Parola divina possa raggiungere in modo efficace le menti e i cuori. Nel vostro incontro avete scelto di dare attenzione alle forme musicali più diverse: esse esprimono la varietà delle culture e delle comunità locali, ciascuna con il proprio ethos. Penso particolarmente alle civiltà indigene, nelle quali l’approccio alla musica è integrato con gli altri elementi rituali della danza e della festa. In questo contesto possono emergere narrazioni coinvolgenti al servizio dell’evangelizzazione. Infatti, l’esperienza integrale dell’arte musicale include anche la dimensione della corporeità. Nella tradizione popolare si ritrova spesso un parallelismo: “Lo stare bene è per cantare bene e il cantare bene è per stare bene!”“.
Ai partecipanti ad un concorso di composizione natalizia nel 2023 ha detto:
“Voi siete compositori! E la composizione è un'arte impegnativa, che richiede, da una parte, conoscenza della musica con le sue regole e il suo linguaggio e, dall'altra, capacità di dare voce alle domande, alle ispirazioni e ai desideri del cuore. È un'arte che richiede, in due parole, armonia e creatività, che vanno insieme”.
Poi, ci sono altri riferimenti sparsi, ma penso che già questi ci offrono materiale importante per la nostra riflessione.