L’americanismo è un eresia che fu ben denunciata da papa Leone XIII con la Lettera Testem Benevolentiae nel 1899. Con questo termine intendiamo una serie di deviazioni dalla dottrina cattolica originaria. Cercheremo di capire come alcune di queste opinioni si possono riferire anche alla liturgia fino ai nostro tempi e come, pur lodando con Leone XIII la vivacità del cattolicesimo americano, non possiamo negare i pericoli che da lì provengono.
Il Papa fa quasi all’inizio queste osservazioni:
“II fondamento dunque delle nuove opinioni accennate a questo si può ridurre: perché coloro che dissentono possano più facilmente essere condotti alla dottrina cattolica, la chiesa deve avvicinarsi maggiormente alla civiltà del mondo progredito, e, allentata l'antica severità, deve accondiscendere alle recenti teorie e alle esigenze dei popoli. E molti pensano che ciò debba intendersi, non solo della disciplina del vivere, ma anche delle dottrine che costituiscono il "deposito della fede". Pretendono perciò che sia opportuno, per accattivarsi gli animi dei dissidenti, che alcuni capitoli di dottrina, per così dire di minore importanza, vengano messi da parte o siano attenuati, così da non mantenere più il medesimo senso che la chiesa ha tenuto costantemente per fermo. Ora, diletto figlio Nostro, per dimostrare con quale riprovevole intenzione ciò sia stato immaginato, non c'è bisogno di un lungo discorso; basta non dimenticare la natura e l'origine della dottrina, che la Chiesa insegna. Su questo punto così afferma il concilio Vaticano: "La dottrina della fede, che Dio rivelò, non fu, quasi un'invenzione di filosofi, proposta da perfezionare alla umana ragione, ma come un deposito divino fu data alla sposa di Cristo da custodire fedelmente e dichiarare infallibilmente... Quel senso dei sacri dogmi si deve sempre ritenere, che una volta dichiarò la santa madre chiesa, ne mai da tal senso si dovrà recedere sotto colore e nome di più elevata intelligenza" (Cost. Dei Filius c. IV)“.
Questa idea per cui bisogna modernizzarsi a tutti i costi è profondamente penetrata nella liturgia, tanto che abbiamo visto come essa l’ha praticamente sventrata. Il moderno per il moderno non solo è ancora attuale, ma è uno degli argomenti che vengono richiamati continuamente dai liturgisti aggiornati, come se questo fosse una sorta di nuovo dogma.
Questo ha anche dato vita ad un problema di senso contrario, direi di reazione all’americanismo. Quello per cui in certo tradizionalismo si cerca di combattere questa frenesia con il moderno affidandosi non alla tradizione perenne ma ad una sorta di storicismo liturgico che a volte sfocia nell’archeologismo condannato da Pio XII, quell’andare sempre più dietro con la quasi segreta intenzione di trovare il sacro graal liturgico. È vero che la Messa postconciliare si è dimostrata un fallimento, ma non si può continuare a scavare perché c’è il rischio di trovarsi dall’altra parte del nostro pianeta senza aver trovato quello che si cercava. Si dovrebbe considerare per buona l’evoluzione più recente della Messa tradizionale, quella del 1962, pur lasciando aperta la questione della riforma della Settimana Santa precedente al Concilio, che non è esente da sospetti.
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