Quando mi capita di commentare su pezzi notabili del repertorio della musica sacra solitamente parlo di pezzi scritti da uomini.
Io non voglio far parte di quella follia ideologica per cui si deve promuovere un certo egualitarismo a scapito della verità. Io ancora penso che la verità debba prevalere sulla falsa bontà. Se c’è una donna di cui vale la pena parlare certamente ne parlerei e non c’è dubbio che ce ne sono varie.
Su tutte mi viene da citare santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), donna straordinaria e musicista raffinata. Tra le molte cose le dobbiamo uno dei canti più belli alla Santissima Trinità, Laus Trinitati. Un canto che certamente vale la pena essere conosciuto per il bellissimo testo latino, che tradotto dice:
“Lode alla Trinità, che è suono e vita e creatrice di tutti, presente nella loro vita, e che è lode della schiera angelica e mirabile splendore dei misteri arcani, sconosciuti agli uomini, e che è soffio vitale in ogni creatura”.
Questo testo, pieno di afflato spirituale in lode della Santissima Trinità ben si sposa con la melodia in deuterus, modo tra i più arcani all’orecchio moderno ma anche per questo tra i più affascinanti. La Trinità viene definita “suono, vita, creatrice, lode, splendore”, tutti termini che certamente ben si attagliano al mistero trinitario che non potrebbero mai esaurire.
Lo studioso Nathaniel M. Campbell dice su questo brano:
“La sua immagine iniziale della lode dovuta alla Trinità è collegata, al centro dell'antifona, alla lode della schiera celeste, la cui sinfonia tenta di riflettere il mistero trinitario. Il tema dominante, tuttavia, è la vita, prima all'interno della Trinità, e poi in ogni creazione di Dio. Sia la vita ripetuta tre volte che il suo trattamento musicale confermano questo punto: la cascata di note discendenti sulla vita alla fine della prima frase è raddoppiata nella sua terza apparizione nella frase finale, che porta il più lungo melisma di qualsiasi sillaba nel brano e abbraccia ogni nota tranne una della gamma completa dell'antifona”.
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