“Che musica, maestro?”. Una domanda non retorica è posta a titolo di questo nuovo libro di Aurelio Porfiri.Nasce da una esperienza e da un amore che va indietro nel tempo, in un servizio svolto fin dalla sua adolescenza, come lui stesso asserisce in uno dei medaglioni che costituiscono l’itinerario particolare di questo volume che si addentra nei meandri della liturgia, della musica sacra e dei loro “dintorni”. Un tempo, questo itinerario poteva ben dirsi un passeggiare riposante in un giardino ben curato e rigoglioso, dove la varietà dei fiori e delle piante rispondeva alle logiche dettate da chi era chiamato a curare tale giardino, la Chiesa dico, che da vera “maestra del paesaggio” sapeva accostare “nova et vetera” in mirabile sintesi. Da un po’ di tempo a questa parte il giardino della liturgia, della musica sacra e dei loro dintorni si è trasformato in terreno incolto, dove piante d’ogni specie, anche quelle selvatiche e carnivore, hanno fatto piazza pulita di ogni bellezza e di ogni armonia, crescono indisturbate e, senza alcuna logica, occupano spazi loro impropri, rendendo inestricabile quasi e doloroso il passeggiare in questo vivaio, un tempo fertile e florido.
Il volume di Porfiri si addentra in questo giardino bistrattato per recuperare qualche fiore e farci nascere la nostalgia del progetto originario. Nostalgia non del passato tout-court si intende, ma nostalgia di quel progetto originario che ammette uno sviluppo organico e armonico di tutto quello che riguarda il culto della Chiesa cattolica.
Alcuni di questi medaglioni partono da lontano e affrontano tematiche teologiche, come quello in cui giustamente l’autore asserisce che l’utilizzo della musica nella liturgia non è finalizzata all’intrattenimento e che quindi la richiesta di “canti allegri” per rendere “allegra” la celebrazione è totalmente fuori luogo. Oppure quello dove viene cantato il silenzio, segno della Presenza di Dio e principio della musica e della liturgia, perché principio della preghiera e della contemplazione, senza i quali la celebrazione è solo auto-celebrazione.
Altri medaglioni ci conducono in un comparto del giardino dove vengono trattati temi più pratici, ma non secondari né tantomeno banali, come quelli della giusta retribuzione dei musicisti di chiesa, cui il clero ancora non ottempera con la scusa che il loro deve essere un servizio reso alla comunità e altre simili amenità che nascondono solo grettezza d’animo, attaccamento al denaro e la non volontà di investire in quella attività che è ormai la sola che abbia ancora una qualche presa ed un certo riscontro tra i fedeli, ovvero la liturgia nella sua bellezza. Oppure il tema tanto attuale delle richieste di spartiti tramite i social e tutto il sottobosco della illegalità legato a queste pratiche, che sminuiscono, non riconoscendoli, il lavoro intellettuale dei compositori e gli investimenti degli editori, causa non unica certo ma rilevante della crisi dell’editoria musicale liturgica.
(Dalla prefazione al libro di Aurelio Porfiri Che musica maestro?, disponibile in cartaceo e ebook)