Ricordo molti anni fa, al tempo dei miei studi, venni in contatto con una tesi dal nome “Il musicista teologo”. Questa definizione mi veniva ripetuta spesso da uno dei miei insegnanti, il futuro cardinale Domenico Bartolucci. Si riferiva ad un altro musicista, vissuto alcuni secoli prima, quello che i musicisti romani considerano e hanno sempre considerato il più grande di tutti: Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594).
Egli fu senz’altro un vertice non solo della musica sacra (alla quale dedicò la quasi totalità della sua opera) ma della musica tutta. Egli è nella triade dei grandi della scuola romana del Rinascimento, insieme a Tomás Luis de Victoria e Orlando di Lasso. Un sacerdote, anni fa, mi diceva che riteneva il Victoria come superiore agli altri, in quanto Lasso scriveva per le corti, Palestrina per il Papa e Victoria scriveva per Dio. Certo, c’è una qualità di fervore mistico in Victoria, tipica della mistica spagnola ma non credo questo lo faccia più vicino a Dio degli altri due. Non sarebbe corretto vedere le cose in questo modo. Ed è abbastanza evidente a chiunque ascolti od esegua la musica di Palestrina come essa sia di forte impatto spirituale e, potrei dire, anche mistico.
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