Liturgia e musica sacra

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La croce penitenziale

La croce penitenziale

Enrico Finotti

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Aurelio Porfiri
gen 29, 2025
∙ A pagamento
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Liturgia e musica sacra
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La croce penitenziale
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Da Per ritus et preces. Il liturgista risponde, disponibile anche in e book.


Cos’è la croce penitenziale? Vorremmo capire il significato di questa croce e comprendere meglio il motivo del suo uso nella liturgia.

Nella tradizione liturgica e nelle espressioni della pietà popolare si possono individuare tre forme di croce usate in ambiti ecclesiali diversi e con caratteristiche peculiari, pur complementari l’una all’altra: la croce gemmata, il crocifisso, la croce penitenziale.

1. La croce gemmata. Le prime rappresentazioni della croce insorgono quando il terribile supplizio si stempera nella società ormai cristiana e la croce del Signore è contemplata come il vessillo della vittoria, segno di risurrezione e di vita, annunzio della Sua gloriosa e ultima venuta, quando il Cristo apparirà sulle nubi del cielo col vessillo della santa croce: Hoc signum Crucis erit in caelo, cum Dominus ad iudicandum venerit. Le basiliche paleocristiane ne danno una splendida testimonianza: la croce è rappresentata, preziosa e possente, nel centro dorato dei mosaici absidali o nell’aureo nimbo dell’arco trionfale (si ricordi, ad esempio, il catino absidale di san Giovanni in Laterano o di San Clemente). Da questo solenne esordio scaturiscono le preziose croci liturgiche portate nelle processioni ed erette sugli altari. Si tratta della «croce astile» e della «croce d’altare», che nell’intero arco della storia, a partire da quel luminoso inizio, sono caratterizzate dalla preziosità dei materiali, dalla genialità delle nobili forme, dai mirabili simboli biblici e teologici e dalla potente attrattiva di un vessillo di marcia per il popolo cristiano e polo di orientamento della preghiera della Chiesa. Su questo tipo di croce il Cristo non è direttamente raffigurato, ma è implicito nella maestà del simbolo, che si impone sovrano. In alcune croci tuttavia compare ben presto il Crocifisso, ma rivestito delle sue insegne regali o comunque in atto di esercizio della sua «Signoria» divina, secondo la bella espressione del Vexilla regis prodeunt («Avanzano i vessilli del Re»). E’ questa la croce propriamente liturgica, che accanto all’Evangeliario prezioso, costituisce il vertice dell’arredo sacro dell’antica liturgia romana. Di fronte ai modelli ancora insuperati di queste croci veramente preziose, monumentali nella loro dimensione, nobilissime in quanto ad arte e mirabili per la loro composizione simbolica, ancor oggi noi restiamo estasiati, rilevando quanto sia debole il tono teologico e spirituale dei nostri arredi sacri, spesso mediocri e seriali. Quando croci di cotanto spessore presiedono dall’altare il divin Sacrificio o incedono in testa alle solenni processioni liturgiche, lo stupore sacro pervade l’anima e nel cuore sorge irresistibile la santa fierezza della nostra fede, secondo le parole di san Giovanni: «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede» (1Gv5,4). Una tale croce d’altare sembra dire a tutti noi: Stat crux dum volvitur orbis («Sta salda la croce nel tumulto del mondo») e il nostro sguardo supplice sembra rispondere: O crux, ave, spes unica! («Ave, o croce, unica speranza! »). Gli antichi inni liturgici, infatti, traducono in termini letterari e poetici quei concetti teologici, che informano l’arte degli arredi liturgici.

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