Negli ultimi tempi, si è parlato molto della famosa “Messa in latino”, un nome errato per definire la Messa tradizionale che conosce un periodo di restrizioni dovuto al Motu proprio Traditionis custodes. In realtà anche la Messa di Paolo VI è tecnicamente in latino, quindi quella definizione non è corretta, come detto. Ma questo latino deve proprio farci paura?
Oggi come oggi, per chi vuole capire il senso di quello che viene detto, esistono i messalini bilingue che da decenni svolgono benissimo il loro ruolo senza che nessuno si sia lamentato di non capire. Anzi, la tecnologia ci è di grande aiuto tanto che potremmo anche usufruire delle tante applicazioni nei nostri telefonini e tablets per seguire la Messa senza timore che ci sfugga il significato delle parole.
Poi bisogna intendersi cosa si intende per “capire”. La gran parte delle persone che vanno alle Messe in lingua vernacolare probabilmente non afferra completamente i concetti delle Lettere di san Paolo o del canone romano, perché sono concetti che esprimono un’alta teologia, ma nessuno direbbe che queste persone “non partecipano”. La comprensione della Messa non è a livello puramente semantico ed intellettuale, ma ad un livello sicuramente molto più profondo. Molte religioni hanno una lingua che riservano al culto, separata dall’uso quotidiano. In questo senso va compreso anche l’uso del latino nella liturgia. Questo è un dato antropologico prima che teologico, ma le scienze fanno comodo solo se confermano le idee che già comunque si volevano seguire.
Come detto nella liturgia non si partecipa in primis per “capire”, ma per fare esperienza di Dio partecipando al Sacrificio di Nostro Signore. Per l’istruzione cattolica, esiste il catechismo, esistono le conferenze spirituali, esiste la buona stampa. La Messa non serve principalmente per questo, questa è una parte della sua funzione. Non mi sono mai spiegato come, con la Messa in latino di prima del Concilio, così tante persone, umili e semplici, si sono fatte sante. Se il latino fosse stato un impedimento, come spiegare la santità di persone culturalmente ignoranti ma evidentemente ricche di una sapienza che attingevano anche alle fonti della liturgia? Vale anche per la musica, si potrà non comprendere come funziona la forma sonata ma questo non impedisce di godere di una sinfonia.
Io ho notato che tantissimi giovani normalissimi in giro per il mondo, sentono il fascino di questa lingua, la lingua che è all’origine di tanta parte della nostra civiltà, e attraverso di questa si avvicinano alla fede. Poi voglio fare un inciso: quando insegnavo in Asia, notavo che i miei allievi cinesi non avevano nessun problema con il latino che usavamo per tanti canti ed erano affascinati dal suono della lingua. Gli stessi studenti ascoltavano musica pop in coreano o giapponese, lingue che magari non comprendevano ma che loro sceglievano liberamente perché affascinati da qualcos’altro. Ecco, il latino per molti non è un fatto linguistico, ma un’esperienza con la Tradizione della Chiesa, un’esperienza che ha riportato molti ad inginocchiarsi davanti al loro Dio.