Nel tempo Pasquale c’è un canto che è particolarmente familiare a tutti i fedeli cattolici, ed è quello del Regina coeli. Questa è una delle quattro antifone mariane che si usava cantare alla fine della Messa seguendo i tempi liturgici, insieme con Alma Redemptoris Mater, Ave Regina Coelorum e Salve Regina. Oggi solo quest’ultima e Regina coeli sono ancora cantate in molti luoghi. Purtroppo l’abbandono di queste antifone è un altro dei frutti dei tempi difficili che viviamo per quello che riguarda la liturgia cattolica.
Di queste antifone abbiamo un tono solenne e una versione più semplice, ed è certamente quest’ultima ad essere popolare potendosi eseguire anche da semplici fedeli. Naturalmente il tono solenne è molto elaborato, melismatico, adatto per essere eseguito da un gruppo di cantori professionisti o da monaci abituati al canto gregoriano. Sono melodie molto belle, ricche di melismi che rendono il canto quasi una festa.
La versione semplice permette a tutti di unirsi nella esecuzione di questa bella antifona:
“Questa gioiosa preghiera viene rivolta a Maria madre del Risorto e, dal 1742, viene tradizionalmente cantata o recitata nel tempo pasquale, cioè dalla domenica di Pasqua fino al giorno di Pentecoste in sostituzione dell'Angelus. La sua composizione risale al X secolo, ma l'autore è sconosciuto. La tradizione vuole che papa Gregorio Magno, una mattina di Pasqua in Roma, udì degli angeli cantare le prime tre righe del Regina coeli, alla quale aggiunse la quarta. Un'altra teoria afferma che l'autore sarebbe papa Gregorio V. La melodia in uso risale al XII secolo, ma è stata semplificata nel XVII” (gregorianum.org).
La fortuna dell’antifona Regina coeli è dovuta al fatto anche di essere abbastanza schematica nella sua struttura: ci sono quattro frasi, tutte che terminano con un’alleluia. Oltre che per la sua oggettiva brevità, questo rende il canto facilmente memorizzabile. Poi l’apertura è molto indovinata, si chiede alla Regina del cielo, la Beata Vergine Maria di rallegrarsi. Siamo noi che invitiamo la Beata Vergine a rallegrarsi, perché chi portava nel grembo è ora risorto. Nell’ultima frase ricorriamo alla sua intercessione chiedendo di intercedere per noi presso Dio. Il succedersi degli alleluia crea una gioiosa atmosfera che ben giustifica la notorietà del canto.
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