Nel tempo della Settimana Santa siamo chiamati a riflettere non solo sulla morte di Cristo, ma anche sulla nostra morte, sulla fine del nostro tempo sulla terra.
Ci sono sempre di ammonimento le parole tratte da L’imitazione di Cristo: “Ben presto la morte sarà qui, presso di te. Considera, del resto, la tua condizione: l'uomo oggi c'è e domani è scomparso; e quando è sottratto alla vista, rapidamente esce anche dalla memoria. Quanto grandi sono la stoltezza e la durezza di cuore dell'uomo: egli pensa soltanto alle cose di oggi e non piuttosto alle cose future. In ogni azione, in ogni pensiero, dovresti comportarti come se tu dovessi morire oggi stesso; ché, se avrai retta la coscienza, non avrai molta paura di morire. Sarebbe meglio star lontano dal peccato che sfuggire alla morte. Se oggi non sei preparato a morire, come lo sarai domani? Il domani è una cosa non sicura: che ne sai tu se avrai un domani? A che giova vivere a lungo, se correggiamo così poco noi stessi? Purtroppo, non sempre una vita lunga corregge i difetti; anzi spesso accresce maggiormente le colpe. Magari potessimo passare santamente anche una sola giornata in questo mondo. Molti fanno il conto degli anni trascorsi dalla loro conversione a Dio; ma scarso è sovente il frutto della loro emendazione. Certamente morire è cosa che mette paura; ma forse è più pericoloso vivere a lungo. Beato colui che ha sempre dinanzi agli occhi l'ora della sua morte ed è pronto ogni giorno a morire. Se qualche volta hai visto uno morire, pensa che anche tu dovrai passare per la stessa strada. La mattina, fa conto di non arrivare alla sera; e quando poi si farà sera non osare sperare nel domani. Sii dunque sempre pronto; e vivi in tal modo che, in qualunque momento, la morte non ti trovi impreparato”. Queste parole ci suonano terribili ma questo perché esse sono profondamente vere.
Un tempo, quando la liturgia non doveva per forza pretendere di essere allegra, questo mistero della morte era simboleggiato con testi e canti che ne dipingevano l’incombenza lasciando intravedere la speranza. La vera spiritualità liturgica cristiana non fugge dalla sofferenza ma la trasfigura in qualcosa che va oltre le nostre contingenze terrene. Purtroppo non si è capito che rincorrere le cose mondane nella liturgia non può portare nulla di buono, come possiamo vedere davanti ai nostri occhi. Se nella liturgia non si trasfigurano i sentimenti e se essa non è la preghiera oggettiva della Chiesa, non è che un bronzo che risuona, un cembalo che tintinna.
La Settimana Santa ci chiama sempre più ad un viaggio verso l’essenziale che è Cristo, Cristo morto e risorto per noi.
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