Credo bisogna dare una attenta valutazione al fatto che tra i motori propulsori del Movimento Liturgico originario, quello di dom Guéranger e soci, c’è stato il recupero della dimensione liturgica della musica sacra.
Nel diciannovesimo secolo si assisteva spesso a grandi esecuzioni di musica nelle chiese, con grande dispendio di solisti e strumentisti, ma si poteva chiamare musica sacra? A Roma durante alcune feste i vespri duravano ore ed ore in quanto i salmi venivano cantati “in musica”, cioé da capo a fine come fossero brano da concerto. Largo spazio veniva concesso ai virtuosismi canori, per cui le durate si dilatavano all’infinito.
C’è da dire poi che, anche nella Messa, si prediligevano le forme chiuse. Questo significa che un Gloria, ad esempio, era diviso in varie parti con arie, duetti, cori e via dicendo. Si imitava il più possibile le forme dell’opera lirica che imponeva i suoi linguaggi e le sue convenzioni anche nella musica di Chiesa. Sia ben chiaro un fatto: non di rado i brani proposti erano musica di eccellente qualità ma questo non voleva dire automaticamente che fossero brani adatti alla liturgia.
Questo non era vero soltanto per quello che riguardava la musica corale, ma lo era anche per la musica organista. Si possono ascoltare i brani di Giovanni Morandi (1777-1856), Vincenzo Petrali (1830-1889) o padre Davide da Bergamo (1791-1863) per rendersi conto che l’organo imitava spesso il linguaggio dell’opera lirica. Come detto sopra, sono brani costruiti egregiamente e che ancora oggi risuonano nei concerti organistici, ma con la liturgia spesso avevano poco a che fare.
Ricordiamo che l’esigenza di riscoprire il carattere sacro della musica liturgica era oramai avvertito da molto tempo. Varrà la pena menzionare che Benedetto XIV nel 1749 aveva emanato l’enciclica Annus qui, in cui si condannava il carattere profano della musica che si ascoltava nelle chiese: “E per terminare il Nostro dire su questo argomento, ossia dell’abuso dei teatrali concerti nelle Chiese (che è cosa per sé evidente e che non richiede parole per dimostrarla), basterà accennare che tutti quelli che Noi abbiamo sopra citati, come favorevoli al canto figurato ed all’uso degli strumenti musicali nelle Chiese, chiaramente dicono ed attestano di aver sempre nei loro scritti inteso e voluto escludere quel canto e quel suono proprii dei palcoscenici e dei teatri. Canto e suono che essi, come gli altri, condannano e deprecano. Quando si professavano favorevoli al canto ed al suono, sempre intesero un canto ed un suono adatto alle Chiese, e che eccita il popolo a devozione. Questa loro intenzione ognuno può conoscere leggendo i loro scritti”. Ma la situazione non migliorò nel diciannovesimo secolo, tanto che si resero necessarie misure importanti per recuperare la dignità che si doveva riconoscere alla musica di Chiesa.
Ecco che due iniziative fecero da supporto al nascente Movimento Liturgico, una scaturita dallo stesso Guéranger e che intendeva restaurare il canto gregoriano e l’altra nata in Germania con uno scopo più ampio, il cecilianesimo. Va detto che tutto questo va visto in una prospettiva che rende il tutto più complesso, ma anche credo in definitiva più affascinante.