Non credo sia necessario ripetere come la crisi della musica sacra è solo un elemento della crisi generale della Chiesa cattolica, una crisi veramente di grande rilevanza non solo per chi è cattolico, ma anche per chi cattolico non lo è, in quanto la Chiesa cattolica per molti è stata il motore della civilizzazione. Tanta parte della scienza, della filosofia, dell’arte, della medicina e via dicendo, lo dobbiamo alla Chiesa cattolica. Questo non dovremmo mai dimenticarlo.
Ora, molte persone di buona volontà provano a trovare una via di uscita per la crisi deloa musica sacra, dicono che sarebbe necessario escludere quelle canzoni dozzinali che vengono spesso fatte ascoltare nella liturgia e sostituirle con canti che rispettino i canoni della musica sacra che san Pio X nel suo motu proprio del 1903 aveva già delineato. Sembra abbastanza semplice, se non fosse per un ostacolo che si erge come un muro invalicabile: l’ignoranza dei preti.
Oggi la grande parte dei sacerdoti, e non per loro colpa, sono beatamente ignoranti sulla vera musica sacra, anche loro sono stati formati all’abbraccio della cultura musicale contemporanea senza che glo si sia stata fornita la capacità di saper distinguere tra ciò che potrebbe essere lecito e ciò che non lo è. È ovvio che dobbiamo implementare musica sacra con i linguaggi musicali del nostro tempo ma sempre tenendo a mente i veri canoni della musica sacra e essendo attenti nel non introdurre nella liturgia qualcosa che sia disdicevole.
Già Benedetto XIV, nella sua enciclica Annus Qui (1749) in vista del Giubileo, avvertiva che “ciascuno può facilmente immaginare quale opinione si faranno di noi i pellegrini appartenenti a regioni dove non si adoperano gli strumenti musicali, e che, venendo da noi e nelle nostre città, ne udranno nelle chiese il suono, come si fa nei teatri ed in altri luoghi profani. Certamente vi verranno anche degli stranieri appartenenti a regioni ove, nelle chiese, si usano il canto e gli strumenti musicali, come avviene in alcune nostre regioni; ma, se questi uomini sono persone sagge ed animate da vera pietà, certamente si sentiranno delusi di non trovare nel canto e nella musica delle nostre Chiese il rimedio che desideravano applicare per guarire il male che imperversa a casa loro. Infatti, lasciando da parte la disputa che vede gli avversari divisi in due campi (quelli che condannano e detestano nelle Chiese l’uso del canto e degli strumenti musicali, e, dall’altra parte, quelli che lo approvano e lo lodano), non vi è certamente nessuno che non desideri una certa differenziazione tra il canto Ecclesiastico e le teatrali melodie, e che non riconosca che l’uso del canto teatrale e profano non deve tollerarsi nelle Chiese”. Oggi per molti quello che si sente nelle nostre chiese è divenuto la normalità e l’impotenza culturale di molti sacerdoti impedisce che ci possa essere un vero cambiamento in questo ambito. Questa ignoranza ovviamente non riguarda solo la musica sacra ma anche la liturgia, anche perché le due simul stabunt, simul cadent.
Eppure non era proprio il Concilio Vaticano II a raccomandare la formazione musicale? “Si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e negli studentati, come pure negli altri istituti e scuole cattoliche. Per raggiungere questa formazione si abbia cura di preparare i maestri destinati all'insegnamento della musica sacra. Si raccomanda, inoltre, dove è possibile, l'erezione di istituti superiori di musica sacra. Ai musicisti, ai cantori e in primo luogo ai fanciulli si dia anche una vera formazione liturgica” (Sacrosanctum Concilium 115). Che ne è stato di tutto questo? Questo muro invalicabile si ergerà sempre come l’ostacolo più invincibile per il necessario cambiamento.