Padre, vediamo come nelle nostre parrocchie al momento del Padre Nostro si mettono a braccia aperte nella posizione dell’orante. Ma non dovrebbe essere un gesto esclusivo del sacerdote? (Un fedele non orante)
Nella liturgia romana le mani alzate, secondo il salmo 140 - Come incenso o Dio salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera -, sono sempre riservate al sacerdote quale eminente gesto sacerdotale, quando egli pronunzia le solenni orazioni liturgiche (colletta, superoblata, postcomunnio, la Prece eucaristica, le Preci sacramentali e le altre orazioni di sua pertinenza). Soprattutto nel divin Sacrificio le mani elevate richiamano le braccia del Crocifisso nell'atto di consumare il sacrificio redentore: nella celebrazione della Messa, infatti, il sacerdote agisce in persona Christi e la sua mistica unione con lui raggiunge il suo vertice. Quando non pronunzia le preci sacerdotali il sacerdote tiene le mani giunte come tutti i fedeli, in segno di umile contemplazione della maestà divina e di consegna fervorosa alla sua divina volontà.
Alcuni sostengono l’opportunità di consentire anche ai fedeli di elevare le mani durante la recita o il canto del Padre nostro, quasi a manifestare la dignità del loro sacerdozio regale, che si esprime in modo sommo nel Pater noster, introdotto dalla singolare monizione: …audemus dicere. In verità è il Signore stesso che ci dà l'ardire di rivolgerci a Dio col nome di Padre e tale ardire trova il suo fondamento nel carattere battesimale e crismale, impresso nell'anima dei figli di Dio: figli nel Figlio.
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