La prima domanda è stata posta da Mons. Pasquale Silla, Parroco Rettore del Santuario di Santa Maria del Divino Amore a Castel di Leva, il quale ha ricordato la visita compiuta da Benedetto XVI il 1 maggio 2006 e la consegna lasciata alla comunità parrocchiale: svolgere nel Santuario e dal Santuario una fervente preghiera per il Vescovo di Roma, per i suoi Collaboratori, per tutto il Clero e i fedeli della Diocesi. In risposta a questa richiesta, la comunità del Divino Amore si è impegnata a qualificare al massimo la preghiera in tutte le sue forme -soprattutto quella liturgica -perché sia assidua e concorde: uno dei frutti di questo impegno è l'adorazione eucaristica perpetua che dal prossimo 25 marzo sarà avviata nel Santuario. Anche sul fronte della carità, il Santuario si sta impegnando ad allargare i suoi orizzonti, soprattutto nel campo dell'accoglienza dei minori, delle famiglie, degli anziani. In questa prospettiva, Mons. Silla ha chiesto a Benedetto XVI indicazioni concrete per poter realizzare sempre più efficacemente la missione del Santuario mariano nella Diocesi.
R. Vorrei innanzitutto dire che sono contento e felice di sentirmi qui realmente Vescovo di una grande Diocesi. Il Cardinale Vicario ha detto che vi aspettate luce e conforto. E devo dire che vedere tanti sacerdoti di tutte le generazioni è luce e conforto per me. Già dalla prima domanda ho anche e soprattutto imparato: e questo mi sembra anche un elemento essenziale del nostro incontro. Qui posso sentire la voce viva e concreta dei Parroci, le loro esperienze pastorali, e così posso soprattutto apprendere anch'io la vostra situazione concreta, le questioni che avete, le esperienze che fate, le difficoltà. Così posso viverle non solo in modo astratto, ma in un concreto colloquio con la vita reale delle parrocchie.
Vengo a questa prima domanda. Mi sembra che Lei abbia dato essenzialmente anche la risposta riguardo a quello che può fare questo Santuario... So che è il Santuario mariano più amato dai romani. Io stesso, quando sono venuto diverse volte nel Santuario antico, ho fatto esperienza di questa pietà secolare. Si sente la presenza della preghiera di generazioni e si tocca quasi con mano la presenza materna della Madonna. Si può realmente vivere un incontro con la devozione mariana dei secoli, con i desideri, le necessità, i bisogni, le sofferenze, anche le gioie delle generazioni nell'incontro con Maria. Così questo Santuario, al quale vengono le persone con le loro speranze, questioni, domande, sofferenze, è un fatto essenziale per la Diocesi di Roma. Sempre più vediamo che i Santuari sono una fonte di vita e di fede nella Chiesa universale, e così anche nella Chiesa di Roma. Nella mia terra ho avuto l'esperienza dei pellegrinaggi a piedi al nostro Santuario nazionale di Altötting. È una grande missione popolare. Ci vanno soprattutto i giovani e, pellegrinando a piedi per tre giorni, vivono nell'atmosfera della preghiera, dell'esame di coscienza, quasi riscoprono la loro coscienza cristiana di fede. Questi tre giorni di pellegrinaggio a piedi sono giorni di confessione, di preghiera, sono un vero cammino verso la Madonna, verso la famiglia di Dio e poi verso l'Eucaristia. Andando a piedi, vanno alla Madonna e vanno, con la Madonna, al Signore, all'incontro eucaristico, preparandosi con la confessione al rinnovamento interiore. Vivono di nuovo la realtà eucaristica del Signore che dà se stesso, come la Madonna ha dato la propria carne al Signore, aprendo così la porta all'Incarnazione. La Madonna ha dato la carne per l'Incarnazione e così ha reso possibile l'Eucaristia, nella quale riceviamo la Carne che è il Pane per il mondo. Andando allÂ’incontro con la Madonna, gli stessi giovani imparano ad offrire la propria carne, la vita di ogni giorno perché sia consegnata al Signore. E imparano a credere, a dire, man mano, «Sì» al Signore.
Perciò direi, per ritornare alla domanda, che il Santuario come tale, come luogo di preghiera, di confessione, di celebrazione dell'Eucaristia, è un grande servizio, nella Chiesa di oggi, per la Diocesi di Roma. Quindi penso che l'essenziale servizio, del quale Lei, del resto, ha parlato in modo concreto, è proprio quello di offrirsi come luogo di preghiera, di vita sacramentale e di vita di carità realizzata. Lei, se ho capito bene, ha parlato di quattro dimensioni della preghiera. La prima è quella personale. E qui Maria ci mostra la strada. San Luca ci dice due volte che la Vergine “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (2,19; cfr 2,51). Era una persona in colloquio con Dio, con la Parola di Dio, e anche con gli avvenimenti tramite i quali Dio parlava con Lei. Il «Magnificat» è un «tessuto» fatto di parole della Sacra Scrittura e ci mostra come Maria abbia vissuto in un colloquio permanente con la Parola di Dio e, così, con Dio stesso. Naturalmente, poi, nella vita insieme con il Signore, è stata sempre in colloquio con Cristo, con il Figlio di Dio e con il Dio trinitario. Quindi impariamo da Maria a parlare personalmente con il Signore, ponderando e conservando nella nostra vita e nel nostro cuore le parole di Dio, perché diventino nutrimento vero per ciascuno. Così Maria ci guida in una scuola di preghiera, in un contatto personale e profondo con Dio.
La seconda dimensione della quale Lei ha parlato è la preghiera liturgica. Nella Liturgia il Signore ci insegna a pregare, prima dandoci la sua Parola, poi introducendoci nella Preghiera eucaristica alla comunione con il suo mistero di vita, di Croce e di Risurrezione. San Paolo ha detto una volta che “nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare” (Rm 8,26): noi non sappiamo come pregare, cosa dire a Dio. Perciò Dio ci ha dato le parole della preghiera, sia nel Salterio, sia nelle grandi preghiere della sacra Liturgia, sia proprio nella Liturgia eucaristica stessa. Qui ci insegna a pregare. Noi entriamo nella preghiera formatasi nei secoli sotto l'ispirazione dello Spirito Santo e ci uniamo al colloquio di Cristo con il Padre. Quindi la Liturgia è soprattutto preghiera: prima ascolto e poi risposta, sia nel Salmo responsoriale sia nella preghiera della Chiesa, sia nella grande Preghiera eucaristica. Noi la celebriamo bene se la celebriamo in atteggiamento «orante», unendoci al mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio col Padre. Se celebriamo l'Eucaristia in questo modo, come ascolto prima, poi come risposta, quindi come preghiera con le parole indicate dallo Spirito Santo, la celebriamo bene. E la gente viene attirata attraverso la nostra preghiera comune nel novero dei figli di Dio.
La terza dimensione è quella della pietà popolare. Un importante Documento della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti parla di questa pietà popolare e ci indica come «guidarla». La pietà popolare è una nostra forza, perché si tratta di preghiere molto radicate nel cuore delle persone. Anche persone che sono un po' lontane dalla vita della Chiesa e non hanno grande comprensione della fede sono toccate nel cuore da questa preghiera. Si deve solo «illuminare» questi gesti, «purificare» questa tradizione affinché diventi vita attuale della Chiesa.
Poi, l'adorazione eucaristica. Sono molto grato perché sempre più si rinnova l'adorazione eucaristica. Durante il Sinodo sull'Eucaristia i Vescovi hanno parlato molto delle loro esperienze, di come ritorna nuova vita nelle comunità con questa adorazione, anche notturna, e di come proprio così nascono anche nuove vocazioni. Posso dire che fra poco firmerò lÂ’Esortazione post-sinodale sullÂ’Eucaristia, che sarà poi a disposizione della Chiesa. È un Documento che si offre proprio alla meditazione. Esso aiuterà sia nella celebrazione liturgica, sia nella riflessione personale, sia nella preparazione delle omelie, sia nella celebrazione dell'Eucaristia. E servirà anche a guidare, illuminare e rivitalizzare la pietà popolare.