La liturgia si pone nella vita quale esperienza di D-i-o in un contesto ben preciso: la preghiera.
Un atteggiamento nascosto di totale abbandono a D-i-o: fede, fiducia, confidenza sono alcuni aspetti di un cristallo dalle mille sfaccettature il cui splendore illumina ed insieme acceca, inchioda l’esistenza all’asperità del quotidiano e la solleva in un movimento di speranza.
La preghiera è la risonanza che prende corpo nel cuore quando si avverte - forse contro ogni indizio e convinzione razionale - che D-i-o è presente.
D-i-o padre e madre, potente e delicato, affermazione ed attesa, esigente ed indulgente, che mette sottosopra il cuore e lo getta in un tumulto da cui lo ritrae per affidarlo alla gioia della pace e dell’ordine.
Il pregare comporta anche espressioni verbali, il dire le preghiere, significa però soprattutto stare all’erta, essere in ascolto per percepire il minimo fruscio che potrebbe rivelare l’avvicinarsi di Dio, meglio: il nostro avvicinarci a Lui dopo tanti tormenti, itinerari contorti, dubbi, incertezze, rifiuti, dimenticanze, pentimenti.
La preghiera è il nostro essere autentico quando prendiamo coscienza di chi siamo - figli di D-i-o - e reagiamo alla sua presenza nella nostra vita.
Quando dal cuore, incontenibile, sale una melodia.
Senza parole, con tutta la nostra vita.
(Da Re-tractationes)