Un certo tempo fa, frequentavo la Messa domenicale principale in una importante Basilica (minore) romana. Sui motivi per cui andavo lì non mi diffonderò e tantomeno desidero che la chiesa in questione sia identificabile, almeno per ora, perché quello che dico vale anche per altre chiese. Dirò soltanto che si tratta di chiesa importante e storica con una tradizione musicale non trascurabile. Ma del resto, questo si può dire per parecchie chiese romane, Basiliche e non.
Cosa mi aspettavo? Mi aspettavo una celebrazione curata e dignitosa, in cui la musica avrebbe fatto il suo posto come insegna la Sacrosanctum Concilium a proposito dell’inscindibile legame tra musica e liturgia:
“Ideo Musica sacra tanto sanctior erit quanto arctius cum actione liturgica connectetur, sive orationem suavius exprimens vel unanimitatem fovens, sive ritus sacros maiore locupletans sollemnitate”.
Devo dire con onestà che, malgrado le mie buone intenzioni, non rimasi affatto edificato.
Per quello che riguarda la musica eseguita, mi domandai se l’organista avesse mai sentito parlare di quell’oggetto misterioso che si chiama “liturgia” o non fosse di quegli organisti che ritengono la stessa liturgia un dazio da pagare per poter suonare l’organo.
L’organo lo suonava pure, ma di liturgia capiva come io capisco di fisica quantistica, anzi, pure meno. C’erano canti di quaresima ed eravamo in avvento, nessuna comprensione dalla diversità fra un introito e un canto di comunione. Oltretutto, e questo lo posso dire perché da bravo “cattolico inquieto” volli tornare, una domenica valeva l’altra, i salmi responsoriali erano tutti uguali e, purtroppo, non finivano in gloria.
Io non ho provato fastidio verso l’organista, ma verso quei sacerdoti che non hanno saputo provvedere meglio alla preziosa chiesa a loro affidata. Se posso capire che per alcuni organisti la liturgia è un fastidio necessario, ma per i sacerdoti? A voi non importa della bellezza e della dignità della liturgia?
Mi vengono in mente le parole di Benedetto XVI, pronunciate nel 2012:
“Anche nella liturgia della più piccola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esistono «stranieri» nella comunità liturgica. In ogni celebrazione liturgica partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini. La liturgia cristiana, anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreto ed esprime il «sì» di una determinata comunità, è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi. Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia”.
Ma c’è questo senso della liturgia in quella Basilica e in tante altre Basiliche, maggiori e minori? Purtroppo mi sembrerebbe di no. Perché ad essere onesti, seppure ci potranno essere eccezioni, mai come in questo caso confermano la regola: liturgia e musica a Roma, la città del Papa, fanno pietà. E non la pietà intesa come devozione, ma la pietà intesa come miseria. E continueranno a fare pietà perché a non pochi sacerdoti la liturgia semplicemente non interessa e ad essa non sono stati formati propriamente. Qualcuno sarà certamente infastidito dalla mia brutale franchezza ma parlando di un tema così importante, credo essa sia necessaria. Mi si potrebbe dire: tu che parli, perché non fai qualcosa? Credo di aver tentato di fare qualcosa per tutta la mia vita, ma purtroppo uno si scontra con l’ignoranza diffusa che mette la cura della liturgia e della sua musica all’ultimo posto delle cose di cui ci si deve occupare.
Nella Lettera Apostolica Desiderio Desideravi di Papa Francesco del 29 giugno 2022, data a san Giovanni in Laterano, si leggono queste parole:
“La liturgia dà gloria a Dio non perché noi possiamo aggiungere qualcosa alla bellezza della luce inaccessibile nella quale Egli abita (cfr. 1Tm 6,16) o alla perfezione del canto angelico che risuona eternamente nelle sedi celesti. La Liturgia dà gloria a Dio perché ci permette, qui, sulla terra, di vedere Dio nella celebrazione dei misteri e, nel vederlo, prendere vita dalla sua Pasqua: noi, che da morti che eravamo per le colpe, per grazia, siamo stati fatti rivivere con Cristo (cfr. Ef 2,5), siamo la gloria di Dio”.
Ma veramente riusciamo a vedere Dio nelle nostre liturgie, oppure vediamo le ideologie di certi sacerdoti? Sempre nello stesso documento, infatti, il Papa aggiunge:
“Se è vero che l’ars celebrandi riguarda tutta l’assemblea che celebra, è altrettanto vero che i ministri ordinati devono avere per essa una particolare cura. Nel visitare le comunità cristiane ho spesso notato che il loro modo di vivere la celebrazione è condizionato – nel bene e, purtroppo, anche nel male – da come il loro parroco presiede l’assemblea. Potremmo dire che vi sono diversi “modelli” di presidenza. Ecco un possibile elenco di atteggiamenti che, pur essendo tra loro opposti, caratterizzano la presidenza in modo certamente inadeguato: rigidità austera o creatività esasperata; misticismo spiritualizzante o funzionalismo pratico; sbrigatività frettolosa o lentezza enfatizzata; sciatta trascuratezza o eccessiva ricercatezza; sovrabbondante affabilità o impassibilità ieratica. Pur nell’ampiezza di questa gamma, penso che l’inadeguatezza di questi modelli abbia una comune radice: un esasperato personalismo dello stile celebrativo che, a volte, esprime una mal celata mania di protagonismo. Spesso ciò acquista maggior evidenza quando le nostre celebrazioni vengono trasmesse in rete, cosa non sempre opportuna e sulla quale dovremmo riflettere. Intendiamoci, non sono questi gli atteggiamenti più diffusi, ma non di rado le assemblee subiscono questi “maltrattamenti”“.
Se è vero che alcuni hanno voluto vedere in questo passaggio una critica alla destra cattolica, a me sembra che anche la sinistra non ne esce bene.
Il problema reale è che una parte non trascurabile dei sacerdoti che escono dai nostri Seminari, non sa celebrare propriamente e capisce quasi nulla di canto liturgico. Può innovare solo chi si basa sulla tradizione, partorisce il nuovo solo chi ha conosciuto l’antico. Si fanno tanti discorsi fumosi sulla liturgia per evitare di ammettere quella che è la realtà sotto gli occhi di tutti: le liturgie sono spesso sciatte, i sacerdoti spesso non sanno celebrare, i musicisti spesso non sono preparati.
Considerando tutto questo, mi rendo conto che l’organista di cui sopra, in fondo non è tanto colpevole e anzi è una inconsapevole vittima, e con lui tutto il popolo di Dio.
I sacerdoti hanno troppo da fare e la musica liturgica è l'ultimo dei loro pensieri. Anche nella mia parrocchia romana è così, i canti sono sempre quei 4 canti