Non c’è dubbio sul fatto che una delle più importanti tradizioni musicali per quello che riguarda la musica sacra, è quella francese. Elencarne i protagonisti sarebbe veramente lungo, ma soltanto andando a mente mi viene da pensare a Charles-Marie Widor (1844-1937), Marcel Dupré (1886-1971), Jean Langlais (1907-1991), Olivier Messiaen (1908-1992) e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Cosa hanno in comune questi grandi nomi? Sono tutti grandi organisti.
In effetti la tradizione organistica francese, è una tradizione di prim’ordine, particolarmente eccellente nel campo dell’improvvisazione.
Un eccellente continuatore di questa tradizione è Yves Castagnet, organista a Notre Dame a Parigi. Nato a Parigi nel 1964, ha studiato oltre all’organo, anche composizione. Dal 1988 è organista del coro nella chiesa iconica di Notre Dame a Parigi. Un ruolo certamente di grande responsabilità ma che Yves Castagnet svolge con grande attenzione al versante liturgico dello stesso. Egli è certamente un celebre concertista, ma non abbandona per questo il suo essere come prima cosa un’organista liturgico. In effetti egli ha sempre dichiarato di essere particolarmente dedicato ad accompagnare il canto del coro, ed è lui stesso un istruttore vocale a Notre Dame. In una intervista a La Croix, parlando del suono della sua cattedrale ha affermato:
“La musica tocca da vicino coloro che la ascoltano in questo luogo, ma il silenzio è qui molto importante, fondamentale, preziosissimo. Bisogna mantenerlo, coltivarlo, preservarlo. Notre-Dame non è mai vuota, e questo ha un prezzo. Riusciamo comunque a raggiungere il silenzio in alcuni momenti rari. Durante la messa della domenica sera o in alcune feste diocesane, quando la cattedrale era piena, c’erano a volte veri momenti di silenzio completo. Non spesso! La missione dei musicisti, organisti e cantanti al servizio della cattedrale era anche di crearlo per placare gli animi”.
Trovo che questo sia un pensiero molto bello e profondo.
Compone numerosi brani per la liturgia, come i suoi Trois Psaumes per coro e organo, la Messa Salve Regina per coro, soli e due organi e inoltre ha collaborato ai 7 volumi Heures de Notre-Dame con antifone e canti con le musiche dei vespri cantate a Notre Dame per tutti i tempi dell’anno liturgico. Nelle sue composizioni è notevole l’attenzione al canto gregoriano, un’attenzione che ritroviamo anche nel sapiente uso delle melodie gregoriane anche nei suoi commenti organistici. Del resto, questo è il principio affermato con grande autorevolezza da san Pio X nel 1903:
“Per tali motivi il canto gregoriano fu sempre considerato come il supremo modello della musica sacra, potendosi stabilire con ogni ragione la seguente legge generale: tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme”.
Questo principio mi sembra certamente rispettato nella musica di Castagnet, che sa unire il gusto per la tradizione al sapiente uso delle armonie della contemporaneità, con sonorità caleidoscopiche che viaggiano tra modalità e cromatismo.
Un esempio è il suo bellissimo Veni Sancte Spiritus, per coro e organo, che si apre con l’invocazione allo Spirito Santo fatta in modo implorante ma che si fa poi sempre più insistente accompagnata dai movimento rapidi dell’accompagnamento organistico, che sembrano quasi suggerire il baluginare del fuoco dello Spirito Santo che scende sui fedeli.
Parlando di questa composizione, lo stesso Castagnet ha detto:
“Questo brano è stato composto nel 2013, quando celebravamo l'850° anniversario della cattedrale. È dedicato al mio grande amico Lionel Sow, che ha diretto il coro della cattedrale dal 2006 al 2014, un musicista straordinario con cui è stato per me un piacere lavorare quotidianamente. È ovviamente ispirato alla famosa sequenza gregoriana della festa di Pentecoste, ma le citazioni gregoriane compaiono solo negli interventi d'organo solista, come un eco lontano. Solo nell'Amen finale le voci cantano il tema”.
Composizioni come questa, e come altre dello stesso autore, ci dimostrano come contemporaneo non deve per forza fare rima con banale e che bisogna fare molta attenzione alla tirannia dell’orecchiabile. È giusto che la musica sacra deve parlare ai fedeli, ma deve come prima cosa salire in soave odore a Dio. Bisogna aiutare i fedeli a formarsi un vero gusto liturgico e musicale e non andarli a cercare dove risiede il loro gusto più deteriore.