Vi sarà capitato di vedere nei social media persone che svolgono in qualche servizio nella musica di Chiesa, facendo tutt’altro nella vita, e che si scandalizzando di quei musicisti che esigono di essere trattati da professionisti e quindi giustamente pagati.
Ecco che si viene deprecati perché quello che si fa per Dio si deve fare gratuitamente, magari le stesse persone che quando esigono un pagamento nella loro professione vogliono fino all’ultimo centesimo.
Del resto se tu fai il netturbino e poi canti in Chiesa buon per te, quando torni a casa hai il tuo pranzo e la tua cena. Ma un musicista di Chiesa che dedica anni di studio a quello che fa, anni in cui deve pagare per lezioni, per i libri, come dovrebbe vivere? Forse di accattonaggio?
Questi che fanno gli spirituali facendo credere che loro sono più vicini a Dio perché le cose le fanno gratis, in realtà sono a lui più lontani in quanto credono che la lode di Dio sia un passatempo e non un’altissima missione a cui dedicare tempo, fatica e risorse.
Sia chiaro: non c’è nulla di male ad offrire il proprio servizio gratuitamente se si è in grado di svolgerli bene e se non si denigra coloro che dedicano anni e anni di studio a questo compito così importante.
Il sacrestano può essere pagato, il fiorista pure, il prete prende una certa somma quando dice le Messe, ma il musicista non può, campa d’aria. E abbiamo visto i risultati ottenuti laddove si sono distrutti coro e mandato via musicisti professionisti, una desolazione spirituale che veramente grida vendetta al cospetto di Dio.
Poi mi viene una domanda: ma la dottrina sociale della Chiesa deve valere dappertutto meno che nella liturgia? Come immaginano di comunicare la bellezza che è Dio se questa bellezza nell’arte non viene affidata a chi ne ha fatto una ragione di vita?