Forse molti non ci fanno caso, ma si deve sapere che il libro dei Salmi, questa collezione di poesia religiosa ebraica, è al cuore della liturgia cristiana e cattolica. Questo, non è naturalmente un fatto nuovo, ma è così fin dagli inizi della Chiesa, o quasi. E per questo, c’è certamente un motivo, perché i Salmi hanno un valore tutto speciale nel nostro immaginario religioso. Vorrei suggerire quattro motivi di riflessione per farci riscoprire i Salmi nelle nostre liturgie.
I Salmi sono Parola di Dio. Certamente, abbiamo altri libri della Bibbia in cui Dio si parla, ma i salmi hanno un valore tutto speciale. In essi Dio ci consegna un modo con cui possiamo rivolgerci a Lui. Spesso, nelle nostre liturgie moderne, sembra che bisogna soltanto pretendere allegria, spensieratezza, gioia (o presunta tale); ma nei Salmi noi abbiamo tutto l’arco delle emozioni umane, dalla gioia all’angoscia. In essi Dio ci insegna che la vita non è solo gioia, come non è solo angoscia; essi ci parlano con tutto l’arco possibile delle emozioni umane, si rivolgono a quello che Paolo VI chiamava “l’uomo integrale”.
I Salmi elevano le nostre miserie. È vero che i Salmi parlano di tutte le nostre emozioni, comprese le nostre miserie. Ma il linguaggio poetico con cui affrontano queste situazioni, le sublima, le eleva, le rende in un certo senso meno dolorose e più sopportabili. La poesia dei Salmi, è stata oggetto di tantissimi studi, perché essa non è semplicemente poesia fine a se stessa, ma parola che diviene così intensa da penetrare nell’animo di chi ascolta con efficacia maggiore. Nei Salmi le miserie umane sono tutte presente, ma c’è come una mano che le tiene quasi in alto, senza farle sprofondare e noi con loro.
I Salmi ci insegnano a cantare. Non possiamo dimenticare che i Salmi erano cantati. Quando li leggiamo, possiamo vedere che nelle prime righe sono indicati di solito gli autori, gli strumenti con cui potevano venire eseguiti, e addirittura la melodia su cui venivano cantati. I Salmi devono essere cantati, perché il canto non è semplicemente un passatempo, un qualcosa di accessorio; ma è il modo con cui la nostra anima riesce veramente ad elevarsi dalla sua condizione terrena. Ecco perché la situazione del canto nella nostra liturgia ai giorni nostri non è semplicemente triste, ma si configura come una tragedia vera e propria. Questa povertà, questa miseria, ci priva di uno strumento fondamentale per poter dirigere la nostra preghiera nel modo più giusto ed efficace al Creatore. Bisogna riflettere proprio sui Salmi, per riscoprire l’importanza del canto nella liturgia, ma non ogni canto, ma quel canto che è dedicato alle cose di Dio e non è riciclato dalle cose terrene.
I Salmi ci connettono con la Tradizione liturgica. La Chiesa, fin quasi dagli inizi, ha sempre favorito l’uso dei Salmi nella liturgia. Sappiamo che i Salmi furono sempre sulla bocca dei cristiani, fin dai tempi apostolici. Tertulliano, ci parla di questo, come altri autori. Ma quando la Chiesa ha potuto organizzare la propria liturgia in modo più organico, scelse versetti dai Salmi, per arricchire i vari momenti liturgici, come l’introito, il graduale, l’offertorio, la comunione e via dicendo. I Salmi sono un linguaggio liturgico da generazioni fino a connetterci ai nostri padri nella fede. Essi sono un tesoro della nostra Tradizione liturgica. La scomparsa, nella pratica, del canto dei testi contenuti nel messale per le varie antifone di introito e comunione, e per il canto d’offertorio, è veramente un segno della difficile situazione in cui ci troviamo a vivere.