Chi si occupa di cose cattoliche non può fare a meno di aver notato un fatto ricorrente negli ultimi decenni: il dibattito continuo sulla figura di questo o quel Pontefice. Parliamoci chiaro: questo è un fatto inevitabile nella moderna società in cui siamo tutti sotto l’occhio del riflettore mediatico in ogni momento del giorno e della notte, figuriamoci una figura così importante come quella di un Papa. Ho detto “figura importante”, non centrale. Nel senso che non possiamo e non dobbiamo ridurre la Chiesa cattolica al Pontefice, in quanto il capo è il Signore. Se perdiamo di vista questo fatto fondamentale, perdiamo di vista tutto. Eppure non è sbagliato interrogarsi sul ruolo del Papato nella Chiesa del terzo millennio. Non molto tempo, fa alcuni studiosi cattolici hanno firmato una lettera ai Vescovi in cui si è accusato il precedente Pontefice di cadere nell’eresia. Molti hanno condannato questo gesto, altri lo hanno approvato.
Se può disturbarci quella che noi percepiamo come una mancanza di rispetto per la figura del Pontefice Romano, dobbiamo pure interrogarci su come la Chiesa protegge sè stessa nel caso di Pontefici che non la servono come ci si attenderebbe. E questo può accadere anche a santi Pontefici e per le ragioni più diverse.
Pensiamo a questo riflettendo sulla vita di Celestino V, al secolo Pietro Angeleri o Pietro di Morrone (1215-1296), passato alla storia per il gesto delle sue dimissioni dal Pontificato nel 1294 e che la Chiesa festeggia come santo il 19 maggio. Proveniva da una famiglia modesta di contadini e sin dalla giovinezza si sentì attratto dalla vita eremitica, una vita che trascorreva fra continue mortificazioni. Molti accorrevano a lui, riconoscendone la santità di vita. Pietro creò una congregazione chiamata Eremiti di San Damiano o Celestini. Attrasse molti monaci per la sua congregazione, che intendevano vivere la loro vocazione monastica nel modo austero proposto da Pietro. Detto questo, sembra proprio strano che alla morte dell’allora Pontefice i cardinali andarono a cercare proprio uno come lui, nascosto al mondo. Ma ciò fu proprio quello che accadde:
“Alla morte di Niccolò IV (1292) la Santa Sede rimase vacante per ventisette mesi perché gli undici elettori erano divisi tra i due partiti dei Colonna e degli Orsini, e il re Carlo II di Napoli (+1309), figlio e successore di Carlo D'Angiò, fratello di S. Luigi IX, re di Francia, brigava perché fosse scelto un cardinale di suo gradimento. L'elezione di Pietro da Morrone, la cui storia sembra una leggenda, è la più strana che si ricordi. Nella primavera del 1294 il re di Napoli si era recato a Perugia e aveva parlamentato con i cardinali radunati in conclave. Di lì era passato a Sulmona ove concesse dei privilegi ai seguaci del Morrone il quale, poco dopo, scrisse una lettera al cardinale Latino in cui minacciava terribili castighi da parte di Dio se, entro quattro mesi, il sacro Collegio non avesse eletto il papa. Tutti avevano sentito parlare dell'eremita come di un taumaturgo, ma nessuno lo conosceva di vista. Convinti che fosse la persona più adatta a governare la Chiesa, su proposta del cardinal Latino gli diedero il voto. Una commissione di prelati e di notai fu mandata sulle montagne della Maiella per chiedere al Morrone se voleva accettare. I legati trovarono in una spelonca un vecchio di oltre ottant'anni, pallido, emaciato dai digiuni, vestito di ruvido panno e calzato di pelli d'asino. Gli comunicarono l'elezione al papato, ma egli l'accettò soltanto perché pressato dai confratelli. La notizia dello straordinario avvenimento giunse alla corte di Carlo II, che si precipitò a Sulmona nell'intento di rendere l'eletto docile strumento dei suoi interessi. Contrariamente al parere dei cardinali, che lo invitarono a Perugia per sottrarlo alle suggestioni dell'Angioino, egli decise di fermarsi un po' di tempo all'Aquila ove, sull'esempio di Cristo, volle entrare seduto su di un asino, scortato da Carlo II e da suo figlio, che sorreggevano le briglie” (Guido Pettinati, santiebeati.it).
Certo, sembra proprio una storia leggendaria, ma potrebbe essere accaduto proprio in questo modo. La persona che meno ti aspetti, di cui non conoscevano neanche l’aspetto fisico, viene scelta come Pontefice. Ma in effetti qualcosa che non andava come dovuto c’era, in quanto Celestino, malgrado la sua personale santità ed integrità, non era forse pronto per un ruolo impegnativo come quello di un Pontefice, essendo digiuno oltre che di Latino, anche di nozioni amministrative e canonistiche. Sembra inoltre che favorì molto la sua congregazione religiosa.
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