Una delle immagini più impresse nell’immaginario collettivo riguardo al cristianesimo è quella della conversione di san Paolo, che la Chiesa festeggia il 25 gennaio. Non a torto. Infatti, ci fa pensare questa immagine drammatica dell’uomo che da persecutore di cristiani si fa cristiano lui stesso. Ci viene certo da pensare al bel dipinto di Caravaggio, con san Paolo caduto da cavallo ma illuminato da una luce soprannaturale. Si noterà che il cavallo ha una zampa innalzata come per voler colpire l’uomo a terra, Paolo. E questa zampa è illuminata. Mi fa molto riflettere che ad illuminare la scena c’è una luce soprannaturale che mette in rilievo un uomo a terra ed una probabile minaccia. Io non penso sia una sovrainterpretazione di Caravaggio, in quanto egli era uomo che la vita l’aveva vissuta in modo drammatico. Non credo sia un caso che volesse trasfigurare in una luce soprannaturale anche il lato oscuro della sua vita, come quello di san Paolo.
Piero Bargellini su santiebeati.it osserva a proposito di questa festa liturgica:
“Poiché il martirio dell'apostolo delle Genti viene commemorato a giugno, la celebrazione odierna offre l'opportunità di considerare da vicino la poliedrica figura dell'Apostolo per eccellenza, che scrisse di se stesso: "Io ho lavorato più di tutti gli altri apostoli", ma anche: "io sono il minimo fra gli apostoli, un aborto, indegno anche d'essere chiamato apostolo". Adduce egli stesso le credenziali che gli garantiscono il buon diritto di essere considerato apostolo: egli ha visto il Signore, Cristo Risorto, ed è, perciò, testimone della risurrezione; egli pure è stato inviato direttamente da Cristo, come i Dodici: visione, vocazione, missione, tre requisiti che egli possiede, per i quali quel miracolo della grazia avvenuto sulla via di Damasco, dove Cristo lo costringe a una incondizionata capitolazione, sicché egli grida: "Signore, che vuoi che io faccia?". Nelle parole di Cristo è rivelato il segreto della sua anima: "Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". E’ vero che Saulo cercava "in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare", ma egli lo faceva in buona fede e quando si agisce per amore di Dio, il malinteso non può durare a lungo. Affiora l'inquietudine, cioè "il pungolo" della grazia, il guizzo della luce di verità: "Chi sei tu, Signore?"; "Io sono Gesù che tu perseguiti". Questa mistica irruzione di Cristo nella vita di Paolo è il crisma del suo apostolato e la scintilla che gli svelerà la mirabile verità della inscindibile unità di Cristo con i credenti”.
Mi sembra interessante osservare che Gesù si prende con se spesso i più vulnerabili, coloro che si sono macchiati di grandi peccati. Fulton Sheen diceva: “La capacità di conversione è maggiore negli individui effettivamente malvagi che non in quanti siano soddisfatti e compiaciuti di sé”. E qui non prende Paolo per farne solo un cristiano, ma per farne l’apostolo delle genti.
Nella liturgia della festa della conversione si legge questo racconto dagli Atti degli Apostoli, capitolo 9:
“In quei giorni, Saulo, spirando ancora minacce e stragi contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Rispose: «Chi sei, o Signore?». Ed egli: «Io sono Gesù, che tu perséguiti! Ma tu àlzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare». Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce, ma non vedendo nessuno. Saulo allora si alzò da terra, ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Così, guidandolo per mano, lo condussero a Damasco. Per tre giorni rimase cieco e non prese né cibo né bevanda”.
Gesù lo converte ma lo identifica: era un suo persecutore.
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