Non possiamo nasconderci che le notizie che a volte ci giungono sono tali da metterci in allarme. Sembra che ciò che è bianco debba essere chiamato nero e viceversa. Negli ultimi tempi si parla molto della virilità come se fosse un possibile oggetto di discussione e non invece un attributo fondamentale dell’uomo. Purtroppo alcuni vogliono confondere la forza della virilità con la violenza, in modo che con questa identificazione si squalifica la virilità in sè stessa. In realtà criticare la virilità sarebbe come criticare la femminilità, che è certamente una caratteristica bella e qualificante di ogni donna.
Tra le manifestazioni di virilità dell’uomo c’era (e ci dovrebbe essere) quella dell’essere guerriero. Anche qui, prevengo i possibili critici: guerriero non significa guerrafondaio, assetato di sangue, ma colui che è sempre pronto a difendere la propria famiglia, la propria patria, la propria fede, con i mezzi necessari. Si può battagliare anche scrivendo libri e articoli al giorno d’oggi. Quindi si parla di “spirito guerriero”, del resto proprio a coloro che si rifanno all’ideale cavalleresco. La Chiesa ha riconosciuto la santità di molti santi che furono anche soldati, uno di questi fu san Teodoro, che la Chiesa festeggia il 7 febbraio.
C’è da dire che su san Teodoro martire c’è un poco di confusione, in quanto ci sarebbero nel calendario due san Teodoro, un soldato e un generale, ma in realtà si tratterebbe della stessa persona. Egli era un soldato romano vissuto intorno alla fine del terzo secolo, inizio del quarto. Gli fu chiesto di sacrificare agli dei ma essendo cristiano Teodoro rifiutò. Anzi, incendiò il tempio della dea madre Cibele. Per questo fu martirizzato. Le notizie che abbiamo su di lui le dobbiamo ad un celebre discorso di Gregorio di Nissa.
Antonio Borrelli su santiebeati.it racconta:
“Il suo culto si propagò in tutto l’Oriente cristiano e successivamente nell’impero Bizantino. In Occidente la prima traccia di un culto a lui tributato deve considerarsi il mosaico absidale tuttora esistente nella basilica dei santi Cosma e Damiano al Foro Romano eretta nel 526-30. Monasteri a lui dedicati esistevano già alla fine del secolo VI a Palermo, Messina, Ravenna, Napoli; a Venezia fino al sec. XII fu invocato come patrono della città e poi sostituito con s. Marco. Secondo un’antica tradizione il suo corpo fu trasferito a Brindisi dove è conservato in un’urna –reliquiario di argento nella Cattedrale. Venezia lo ricorda nelle figure di una vetrata e nel portello dell’organo di due chiese e poi anche con la colonna posta in piazzetta s. Marco sulla cui sommità vi è una sua statua in armatura di guerriero, con un drago ai suoi piedi simile ad un coccodrillo. Nel sec. IX Teodoro era l’unico santo con questo nome, ma poi appare un altro Teodoro non più soldato ma generale il quale sarebbe morto ad Eraclea al tempo di Licinio il 7 febbraio e anche lui sepolto ad Euchaite il 3 giugno. Questo sdoppiamento dell’unico martire Teodoro generò una doppia fioritura di leggende di cui rimangono relazioni in greco, latino e altre orientali e influirono a loro volta nei giorni delle commemorazioni. Nei sinassari bizantini il Teodoro generale è ricordato l’8 febbraio mentre il soldato il 17 febbraio. Nei martirologi occidentali invece il generale è ricordato il 7 febbraio e il soldato il 9 novembre. A volte compaiono tutti e due insieme in mosaici o affreschi riguardanti santi militari. Comunque trattasi della stessa persona commemorata in due giorni diversi”.
La causa del martirio di san Teodoro quindi non fu una battaglia contro un nemico esterno, ma la battaglia contro un nemico ancora più pericoloso, sè stesso. Forse sacrificando agli idoli avrebbe ricevuto favori, onori, avanzamento di carriera. Ma non lo ha fatto. Ha preferito essere fedele alla propria fede con spirito di guerriero, virile, coraggioso.
Quanti piccoli atti di martirio ci sono chiesti nella vita e quante volte ci capita di rifiutarli? Molte volte preferiamo fuggire e soccombere al nemico che è dentro di noi: orgoglio, ambizione, debolezza della carne. Ecco perché l’eroismo della santità, che Teodoro ben testimonia, deve essere sempre un obiettivo della nostra vita cristiana. E questa battaglia non è passività ma è azione, a volte reazione. Il nemico è sempre vigile.
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