Mi è spesso capitato, negli ultimi decenni, di sentir parlare di un “ritorno alla semplicità” nella Chiesa, un rifiuto delle grandiosità controriformistiche per somigliare di più ai primi cristiani.
Ora, chiunque conosca anche poco la Chiesa primitiva e vuole essere onesto, sa benissimo come quello non fosse affatto un tempo di pace e concordia, ma un tempo di grandi tensioni che sicuramente vediamo riflesse anche nelle Lettere di San Paolo. Ma poi ho sempre immaginato di incontrare un Cristiano del primo secolo, e di potergli dire: ‘io provengo dal XXI secolo e ti informo che la Chiesa sta facendo del tutto per somigliarvi’. Io penso lo lascerei basito, forse potrebbe pensare: ma dopo venti secoli non sono migliorati che aspirano ancora a somigliare a noi? Certamente dobbiamo amare la Chiesa primitiva, ma dobbiamo anche amare tutte quelle evoluzioni nella tradizione che l’hanno resa ancora più splendente. Certo nella sua storia ci sono state delle cadute che non possiamo negare, ma ci sono stati anche tanti esempi di santità, di eroismo, di creatività. Non possiamo certo dimenticarli.
Ma lasciamo le mie fantasie sul mondo antico per tornare al tema della semplicità parlando di Santa Teresa di Lisieux (1873-1897). Una santa con un ardore verso la fede enorme, una santa che ci ha parlato della “piccola via”, rimanere semplici e umili per farsi santi. Una delle sue sorelle Céline Martin, che si era anche fatta suora, riportava questi ricordi:
“La Chiesa ha sempre visto in Teresa del Bambin Gesù la santa dell’infanzia spirituale. Numerose sono le testimonianze dei papi a questo proposito. Mi limiterò a citarne due di sua santità Pio XII; la prima quando era legato a latere di Pio XI, in occasione dell’inaugurazione della Basilica di Lisieux, l’11 luglio 1937; e l’altra 17 anni più tardi: «Santa Teresa del Bambin Gesù ha una missione e una dottrina. Ma la sua dottrina, come tutta la sua persona, è umile e semplice; è racchiusa in due parole: infanzia spirituale, o nelle altre due equivalenti: piccola via». «È il Vangelo stesso, è il cuore del Vangelo che lei ha riscoperto; ma con quale grazia e freschezza: «“Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 3)»” (riportato in 30Giorni, agosto 2007).
Ecco, questa “piccola via”, questo ritorno alla semplicità come cuore del Vangelo, non è un richiamo alla banalità, ma qualcosa di enormemente più profondo. Forse dovremmo ben comprendere di cosa parliamo quando ci riferiamo alla semplicità.
Semplice, viene da “sine plica”, senza piega, cioè perfetto. Purtroppo la semplicità che a volte ci viene proposta nella nostra vita liturgica e spirituale, spesso confina con la banalità, con la mediocrità, con la diminuzione, ma non è questo che grandi santi come Teresa hanno voluto insegnare.
Essa ci ha insegnato l’importanza di essere nel momento presente, di fare tesoro di ogni minuto e sfruttarlo al meglio perché come diceva Seneca, la morte non è davanti a noi, ma alle nostre spalle. Ecco, ci ha insegnato a leggere in noi per riscoprire o scoprire per la prima volta quello che Dio ci chiede, la nostra vocazione. E questa vocazione può essere di fare cose grandi con umiltà o anche cose umili, ma con grandezza. Umiltà e grandezza vanno sempre insieme, come giustizia e misericordia.
Nella sua Storia di un’anima, Santa Teresa spiegava:
“Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non ricevano grazie in grado uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba, senza lasciare sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e prevenendo le loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile che esse macchiassero lo splendore immacolato della loro veste battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio, muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome di Dio? Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell'essere come vuole lui”.
Ecco la vera semplicità, che è nel sapersi arrendere al piano che Dio ha per ciascuno di noi. Non consiste nel cercare di piacere a lui con le nostre forze, ma nel farci degni di Lui per come Lui ci vuole, nel rendergli l’onore e il culto che gli è dovuto, nel cercare fra le pieghe del momento presente in quale maniera, malgrado la nostra imperfezione, siamo in grado di rendergli gloria.
Caro Porfiri, come Lei amo Gesù e mi sforzo (a volte) di amare la Chiesa. Vivo in Svizzera, che ha caratteristiche tutte sue (grande influenza del liberalismo, se il termine oggi vuole ancora dire qualcosa; probabile influenza, sul mondo cattolico, del "democraticismo" introdotto penso, appunto soprattutto dai protestanti. Mi è piaciuto, leggendo oggi il suo art. su Santa Teresina, la sua affermazione sulla necessità di accogliere e "amare tutte quelle evoluzioni nella tradizione che l’hanno resa ancora più splendente". Mi pare molto bello, molto giusto. Grazie