Il 24 ottobre 1870 moriva Antonio Maria Claret, che la Chiesa venera come santo. Sant’Antonio Maria Claret (1807-1870) fu una risposta ai problemi del suo tempo, come del resto lo sono tutti i santi; e questa risposta non poteva essere nel senso di giustificare il male o l’iniquità, ma di affrontarla a viso aperto per amore della verità.
Fondatore dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore di Maria (Missionari Clarettiani), congregazione ancora oggi attiva in varie parti del mondo, catalano di origine, viene ordinato arcivescovo di Santiago de Cuba, dove si dedicò ad una intensa attività in difesa della verità e della giustizia, che mai può essere disgiunta dalla verità stessa.
In gioventù il nostro santo cercava di capire quale fosse la sua vera vocazione, per un periodo entrò anche nei gesuiti. Poi, dopo vari tentativi, seppe mettersi all’ascolto di quello che Dio gli indicava e si fece forte nella battaglia per combattere le forze avverse, che nel suo tempo, come nel nostro, imperversavano.
Nella sua autobiografia, parla dello scopo che si proponeva quando andava a predicare:
“Quando andavo in qualche paese, non mi proponevo nessun fine terreno, bensì la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Spesse volte ho dovuto ricordare agli uditori questo scopo, che vedevo essere l'argomento più persuasivo sia per i buoni che per gli altri. Voi sapete che gli uomini agiscono per uno di questi tre motivi: 1° per interesse e per denaro; 2° per piacere; 3° per l'onore. Per nessuna di queste tre cose mi trovo qui a dare missione. Non per denaro, perché non voglio un soldo da nessuno, e me ne andrò senza una lira. Non per piacere, perché che piacere si può avere a faticare tutto il giorno, dalla mattina, e di buon ora, fino a tarda sera? Se uno di voi deve far la fila al confessionale per confessarsi, e si stanca ad aspettare tre o quattro ore, che sarà di me che devo stare lì tutte le ore del giorno, e la sera, invece di riposare, ho da predicare; e questo non per un solo giorno, ma per giorni, per settimane, per mesi, per anni. Ah, fratelli miei, pensateci un po’! Sarà forse per l'onore? No, nemmeno l'onore. Voi sapete bene a quante calunnie mi trovo esposto. Se uno mi loda, altri dicono contro di me ogni sorta di spropositi, come facevano i Giudei contro Gesù; i quali ora dicevano male della sua persona, ora delle sue parole, poi delle sue opere; finché, in fine, l'arrestarono, lo flagellarono, gli tolsero la vita col supplizio più doloroso e infamante. Ma io, con l'Apostolo S. Paolo, vi dico che non ho paura alcuna, e non faccio conto della vita mia più dell'anima, purché mi sia dato di terminare felicemente la mia carriera e compiere il ministero ricevuto da Dio nostro Signore, di predicare il santo Vangelo”.
Ecco, questa dimensione paolina, questi fuoco nell’annunciare il Vangelo, è quello che dovremmo ricordare in questo grande santo, figlio della Catalogna che ha dato alla Chiesa figure di grande santità di vita. E anche ci fa comprendere meglio il compito dei sacerdoti, che non dovrebbe essere quello di ambire a fare carriera, ma a spendersi per la conversione delle anime predicando, confessando e insegnando.
Nelle sue opere da arcivescovo egli non rifuggiva dalla considerazione dei problemi sociali, anzi li affrontava a viso aperto. Ma li vedeva non come problemi da risolvere per migliorare la società e basta, ma come doveri da cristiano e con un’apertura sempre alla loro dimensione soprannaturale. Quando Leone XIII, alcuni decenni dopo la morte di Sant’Antonio Maria Claret, volle dedicare la Rerum Novarum alla questione sociale, non lo fece perché voleva diventare un sindacalista, ma perché capiva che la dimensione cristiana abbraccia tutto e mai scompare il suo fine ultimo, la salvezza delle anime. Qualunque cristiano che compie atti di carità non lo fa per un vago senso di fratellanza, ma per perpetuare l’immagine della misericordia divina, che ci è stata elargita perché noi potessimo, colpiti dall’amore celeste, tornare a Colui da cui tutto è stato fatto
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