Immagino tutti conoscano la domanda che recita: è nato prima l’uovo o è nata prima la gallina? Una domanda simile viene fatta quando per interpretare la soluzione ecclesiale attuale ci si chiede: la crisi della fede ha causato la crisi della liturgia o è piuttosto il contrario, cioè lacrisi della liturgia ha causato la crisi della fede? Non è molto semplice rispondere a questo interrogativo in modo appropriato, ma forse è lecito esprimere una opinione per fare un po’ di chiarezza, e la mia opinione è senz’altro quella che vede nella crisi della liturgia uno degli elementi più importanti nella crisi della fede.
È importante tornare alla sapienza tradizionale che stabilisce quanto segue: Lex orandi, lex credendi, il modo in cui preghiamo diviene il modo in cui crediamo. Questa formulazione di Prospero di Aquitania ci insegna un principio importante e profondo e forse non a caso, durante il Vaticano II, coloro che volevano imporre una certa agenda puntarono molto sulla riforma della liturgia. Del resto questa tattica era già stata ben oliata nel periodo del modernismo, quando per reagire al durissimo attacco di san Pio X e della sua Pascendi del 1907, si pensò fosse meglio usare più discrezione e infiltrare alcuni movimenti di pensiero che cercavano, anche con buone intenzioni, di portare una ventata di novità nell’ambito della Chiesa: il movimento ecumenico, il movimento biblico e, soprattutto il movimento liturgico.
Del resto non a caso la liturgia viene identificata nell’opera del teologo americano David W. Fagerberg come “theologia prima”. Cioè quello che viviamo nella liturgia è alla base del fare teologia. Quindi non possiamo non dedurre che la crisi della liturgia, una liturgia manomessa e tradita, non possa che ripercuotersi nella nostra fede, una fede indebolita e che sempre più si intiepidisce. Un pensatore profondo come Divo Barsotti, nel suo libro Il mistero della Chiesa nella liturgia, sapeva ben descrivere come la liturgia sia veramente al centro della nostra vita cristiana:
“Nella liturgia tuttavia non si tratta di realizzare la nostra umanità nell'atto che compiamo: nell'atto che compiamo non dobbiamo soltanto esprimere tutta la nostra vita profonda, dobbiamo esprimere, con tutta la nostra vita, la vita dell'universo, la vita del Cristo totale. Questo è vivere la liturgia. Per questo la vita liturgica consuma tutta la vita della Chiesa. E l'attività suprema dell'uomo, di tutto l'uomo e di tutta l'umanità. Gli avvenimenti più grandi della storia son ben povera cosa in confronto di una Messa se nella Messa sono impegnati cielo e terra, Dio e l'uomo, tutta la storia. Nella Messa di fatto si consuma la vita di tutta l'umanità, anzi di tutta la creazione”.
Quello che dice il padre Barsotti è molto importante, ma quanto ci crediamo ancora veramente?
Assistiamo molto spesso alla colpevole sciatteria che ha invaso tante delle nostre liturgie, una sciatteria che si vuol far passare per riforma liturgica quando, in realtà, il Concilio Vaticano II non ha mai voluto lo sfacelo liturgico a cui noi oggi assistiamo.
Uno sfacelo che viene giustificato con l’idea che tutto quello che si è fatto è stato per il “popolo”. E dov’è oggi questo popolo? Dopo che si sono dissacrate le nostre liturgie, dopo che siamo stati invasi da canti melensi e indegni, dopo che il celebrante ha fatto di tutto per essere come “noi”, non ci si è accorti che noi avremmo voluto essere come Lui, il Signore, splendor paternae gloriae?
Io penso che quando la questione liturgica verrà messa al centro della riflessione ecclesiale, sarà sempre troppo tardi. Oramai si è devastato tutto quello che si poteva devastare: l’ars celebrandi, la musica, l’arte, etc. Quello che vorrei dire a coloro che menzionano il Concilio in ogni frase è: torniamo al vero Concilio, non quello costruito dalle ideologie, ma quello che si trova nei documenti. So benissimo che non poche persone vedono in modo molto critico alcuni di questo documenti, penso a Dignitatis humanae. Ma se ci limitiamo a Sacrosanctum concilium, vediamo come sarebbe stato possibile avere una riforma della liturgia abbastanza in linea con la tradizione. Invece per non pochi addetti ai lavori, i documenti sono stato solo un pretesto per una riforma radicale che però il Concilio non aveva mai chiesto.
In un momento di profonda crisi, come quello che viviamo, facciamo in modo che la questione sulla liturgia torni al centro come strumento ermeneutico anche per comprendere la crisi della fede. Oramai gli anni ‘70 sono alle nostre spalle, sarebbe il caso che molti se ne facessero veramente una ragione.