Padre,
nella mia parrocchia il parroco consente la distribuzione della comunione a ministri straordinari anche quando ci sono sacerdoti sufficienti allo scopo. Ma non c’è rischio che i ministri straordinari divengano ministri ordinari? (un parrocchiano)
Il ministro straordinario della s. Comunione è un’istituzione relativamente recente per supportare i ministri sacri (vescovo, presbitero e diacono) nell’amministrazione della s. Comunione durante la Messa o nelle case degli infermi. Il ministero viene conferito con un rito liturgico o, in caso di vera necessità, ad actus (volta per volta).
1. Occorre innanzitutto considerare il significato dei termini:
- Ministro della s. Comunione. Significa ministro per l’amministrazione della sola Comunione sacramentale. Ciò implica che la locuzione Ministro straordinario dell’Eucaristia imprecisa in quanto l’Eucaristia indica il rito globale della Messa nella quale vi sono altre parti importanti che in nessun modo competono al ministro straordinario (es. liturgia sacrificale, omelia, ecc.). In verità, col consenso dell’Ordinario, ai ministri straordinari può essere concesso, in assenza del sacerdote o del diacono, di esporre il SS. Sacramento e guidare l’adorazione eucaristica (non però impartire la benedizione eucaristica).
- Ministro straordinario. Il carattere straordinario di questo ministero va considerato sotto due aspetti: teologico e pastorale. Dal punto di vista teologico il ministro resta sempre straordinario, anche se dovesse esercitare il suo ministero quotidianamente. Infatti, soltanto i ministri sacri sono ministri ordinari della Comunione in quanto consacrati dal sacramento dell’Ordine per agire in persona Christi, sia nell’offerta del Sacrificio incruento, sia nella confezione (conficere sacramentum) e amministrazione del divin Sacramento. Essi, secondo la perenne tradizione liturgica, latina e orientale, sono innanzitutto i vescovi e i presbiteri, ai quali l’attuale diritto canonico associa pure i diaconi in quanto partecipi del sacramento dell’Ordine per il servizio al Calice del Signore. Dal punto di vista pastorale il ministro straordinario deve restare nei limiti stabiliti dalla Chiesa, osservare la gerarchia dei ministeri ed intervenire soltanto nei casi di vera necessità. Debordare da questi limiti espone la prassi liturgica ad essere difforme dal dato teologico, comunicando una dottrina erronea sulla natura del ministero sacro essenzialmente diverso dai ministeri istituiti. Infatti, la lex orandi deve essere il riflesso fedele della lex credendi.
Alla luce di queste prime precisazioni già si vede come in pratica si stia deragliando dalle norme canoniche con una delega eccessiva concessa senza necessità a ministri, sempre più numericamente consistenti e oltre al reale bisogno. Non raramente, infatti, il sacerdote delega al ministro straordinario l’amministrazione della s. Comunione restando seduto e così fanno anche gli eventuali concelebranti, quasi ritenendo che il ministro straordinario sia de facto ordinario ed eserciti il suo ministero per un diritto intrinseco ricevuto con la benedizione liturgica. Talvolta si ha l’impressione che si aspetti soltanto che la Chiesa ne prenda atto e ne dichiari l’ordinarietà. Ciò non potrà mai avvenire perché amministrare la s. Comunione è sostanzialmente un atto sacerdotale fondato nei gesti eucaristici del Signore il quale prese il pane (offertorio) disse la preghiera di benedizione (prece eucaristica-consacrazione) lo diede ai suoi discepoli (comunione). Ora i tre gesti sono di stretta pertinenza sacerdotale per fedeltà a ciò che fece il Signore. Il sacerdote quindi dovrà sempre amministrare la s. Comunione per l’integrità del rito. Soltanto nel caso di impossibilità fisica (malattia, anzianità o altra disabilitazione) e mancando altri sacerdoti o diaconi, si potrà richiedere l’intervento del ministro straordinario.
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