Tre consigli (non richiesti) ai parroci per valutare la musica liturgica nelle loro chiese
Aurelio Porfiri
Parliamoci chiaro: sappiamo bene che oggi i parroci sono molto impegnati con tante cose, visto che la scarsità crescente delle vocazioni ha come conseguenza che nelle parrocchie ci siano sempre meno sacerdoti. Aggiungiamo a questo che l’educazione all’autentica musica liturgica è carente in molti Seminari, posso capire che molti sacerdoti hanno difficoltà a discernere se quello che i responsabili della musica liturgica fanno nelle chiese a loro affidate, sia appropriato o no.
Questo non è un problema secondario, perché una cattiva musica liturgica diseduca all’autentico spirito liturgico, quindi bisognerebbe valutare con grande cura quello che viene fatto nella liturgia. I miei suggerimenti servono soltanto a far suonare dei campanelli d’allarme, far capire che qualcosa non sta funzionando.
I testi liturgici non vanno cambiati. Quindi se ascoltate un Gloria o un Santo con testo modificato, dovreste forse comprendere che i vostri collaboratori non hanno la minima idea sulle disposizioni della Chiesa in questo senso. Forse neanche sospettano che esistano disposizioni in materia liturgica, visto che nessuno li ha informati. La domanda che si dovrebbe fare in parrocchia non è: chi vuole suonare a Messa? Ma invece: chi è in grado di suonare a Messa? Perché per svolgere un ministero come quello del canto liturgico, bisogna avere la preparazione tecnica e liturgica adeguata all’alto compito. Capendoci qualcosa in più, forse si proverà qualche vergogna nel proporre certi canti.
Attenzione ai canti “passepartout”. Ci sono coloro che, non avendo capito minimamente la ricchezza della liturgia, confondono il canto popolare con il canto liturgico e non fanno che proporre gli stessi canti triti e ritriti ogni domenica dell’anno, con la neve e con il sole. Anche loro non sospettano che ogni momento liturgico avrebbe la sua antifona, che a Messa non si canta tanto per cantare. Il popolo va edificato con il canto liturgico, non stremato.
Attenzione ai musicisti populisti. Quelli che si fanno belli ergendosi ad araldi del popolo cristiano e che vorrebbero fargli cantare pure il vangelo (se qualcuno glielo permettesse). Ognuno deve partecipare a suo modo, come dice tanto bene il Vaticano II (per alcuni tra questi “animatori liturgici” bisognerà spiegare che il Vaticano II non è la seconda sede del Vaticano, ma un Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica). Il partecipazionismo non è la soluzione per far partecipare il popolo, ma è il modo di degradare la liturgia e il senso liturgico di tutti.