Un libro uscito abbastanza di recente mi ha ricordato una figura che ho avuto modo di frequentare per vari anni, per ragioni che presto spiegherò.
Il libro del gesuita Mario Lessi Ariosto è del 2022, e si chiama Il cardinal Virgilio Noè, maestro e cultore della liturgia (1922-2011), con una prefazione del Vescovo e canonico lateranense mons. Vittorio Lanzani, che del cardinal Noè fu assistente per lunghi anni.
Io cominciai a frequentare san Pietro all’inizio degli anni ‘90, quando iniziai a cantare nel coro del capitolo vaticano diretto da mons. Pablo Colino. Poi nel 1993 divenni organista sostituto del vicariato della Città del Vaticano nella Basilica di san Pietro, una posizione che tenni fino al 2008, anno in cui mi trasferii in Asia. Soprattutto nei miei anni da organista, ricordo l’attenzione enorme che il cardinal Noè metteva nella cura della liturgia. Lui era liturgista di formazione e aveva lavorato anche nella curia vaticana nella congregazione per il culto divino, in vari periodi. Ma il suo ruolo più “mediatico” fu quello di maestro delle cerimonie dal 1970 al 1982, un periodo molto caldo della riforma liturgica. Il cardinale Noè era senz’altro un paladino della riforma liturgica, a volte con delle impuntature probabilmente dovute al suo carattere. A volte nei suoi discorsi, percepivo il suo apprezzamento per la tradizione musicale della Chiesa, ma l’atmosfera polarizzata nella liturgia, le famose liturgical wars, gli suggerivano atteggiamenti forse più severi di quelli che avrebbe avuto in altre circostanze. Tra le altre posizioni da lui occupate, ricordiamo appunto quella di Arciprete della Basilica di san Pietro e vicario del Papa nella Città del Vaticano.
Io ho conosciuto due cardinal Noè, quello in attività e quello in pensione.
Il cardinal Noè in attività sapeva farsi temere da tutti e pretendeva il massimo rispetto dai suoi dipendenti. Era un uomo di cultura, avendo pubblicato importanti saggi che avevano come oggetto aspetti storici e artistici della Basilica vaticana. Sotto di lui veniva pubblicata una rivista con importanti notizie storiche e artistiche sulla Basilica stessa. Ricordo quando suonavo a celebrazioni in cui il Cardinale presiedeva. Alla fine, tornati in sacrestia, eravamo immancabilmente attesi da lui che ci elencava tutti gli errori che avevamo commesso. Poi ci diceva “grazie comunque”, che sembrava un saluto cortese ma che quel “comunque” connotava in tutt’altro modo. Devo dire che questa esperienza mi è molto servita perché mi ha insegnato ad avere attenzione e ad essere focalizzato nel servizio che andavo svolgendo. Mi ricordo come si impuntava sulla lunghezza delle pause dell’organo durante il Pater Noster, a volte la facevamo troppo lunga, altre troppo breve, e parliamo di differenze di un secondo. Una volta, in cui probabilmente secondo lui non avevo suonato tanto bene, mi disse, evangelicamente, che la mia mano sinistra non sapeva quello che faceva la destra. Sono soddisfazioni.
Poi c’è l’altro cardinale Noè, quello che ho frequentato dopo il suo pensionamento e quando era già costretto su una sedia a rotelle. In quel momento si percepiva la sua fragilità che aveva liberato in lui una affabilità e dolcezza che in precedenza io non sempre riuscivo a percepire. Era molto contento delle mie visite e mi ringraziava sempre molto, interessandosi della mia vita in quel momento ed incoraggiandomi nelle mie attività. Visto che a quel tempo ero in Asia come Professore, lui mi disse che la mia esperienza a san Pietro mi sarebbe servita anche in quella situazione, e un po’ aveva anche ragione. Ogni volta che ho suonato l’organo in seguito mi auto censuravo come se sapessi che il cardinal Noè mi avrebbe ancora atteso in sacrestia.
Sulla sua opera nella liturgia giudicheranno gli storici, come per tutti ci saranno stati momenti esaltanti e momenti meno felici. Lui ora può intercedere per la “sua” Basilica di san Pietro, perché io credo che ne ha sempre (più) bisogno.